Joe Young – Invincible Armour

Voto: 3,5

Nella progressiva espansione territoriale del Wu-Tang Clan inteso nella sua formazione allargata, ovvero il collettivo tutto diramatosi dai nove di Staten Island, le coste europee hanno avuto il loro ristretto numeri di affiliati, trovando forse in Cilvaringz la punta di diamante degli avamposti più periferici. Da dove spunti fuori Joe Young, quanto abbia senso (oggi) accostarlo alla fitta rete di membri secondari legati al gruppo e chi o cosa ne legittimi l’ingresso in un esercito in gran parte – per la verità – dormiente, sono quesiti cui non è così semplice rispondere; atteniamoci quindi con rigore ai fatti.

Tyrone Derryl Clay nasce a New York nell’ottantadue e tre anni dopo si trasferisce in Germania con la propria famiglia, ha all’attivo un album pubblicato nel duemilasei, “Cash & Grams”, cui partecipavano Cappadonna e Inspectah Deck, viceversa non si segnalano suoi featuring di rilievo nell’arco di tempo che ci conduce fino allo scorso novembre, quando una prima versione di “Invincible Armour” (col fondo della cover bianca) approda sul mercato digitale in una tracklist di dodici brani prodotti dal veterano Dame Grease. Trascorrono tre mesi e il disco, incrementato da “Dirt” e l’aggiunta di Hanz On in “No Love Lost”, fa la sua comparsa anche in formato fisico: che il Clan sia degnamente rappresentato e che i trentasette minuti di durata abbiano una spiccata coralità lo si deduce anche a scatola chiusa, l’incognita principale attiene semmai al taglio dato al sound, considerate le passate collaborazioni del beatmaker di Harlem con Puff Daddy, DMX, The Lox, Cam’ron, Eve, Styles P, Freeway e compagnia bella.

La prova di Dame Grease, celebrativa fino al plagio (“Crack Babies” è pressoché identica a “Metal Lungies” di Ghostface Killah), si rivela invece la grande sorpresa di “Invincible Armour”, che inizia subito col botto: clip tratta da “Ying zhao tie bu shan” (meglio conosciuto come “The Invincible Armour”, appunto), kung fu flicks in abbondanza, un beat che pesta durissimo, i cut nel refrain e due energiche strofe introduttive, tanto per chiarire quale sarà l’andazzo – date un’occhiata al video e cliccate sul pollice rivolto verso l’alto. Senza voler tirare in ballo RZA, True Master, Mathematics e via a seguire, quella di Grease è una felice rilettura delle svariate anime musicali che hanno convissuto sotto il logo stilizzato della fenice: “The Projects” si allinea al minimalismo della titletrack e abbina l’ipnotico disegno della batteria a una manciata di piccoli sample, “Still Don’t Wanna Go Back”, le due “Crack Babies” e “What’s Love” pescano fiati, archi e cori tra i microsolchi impolverati di vecchi vinili Soul, il Funk ubriaco di “Dirt” e l’ennesimo gioco di citazioni presente in “The Life I Chose” (viene campionata “As Long As I’ve Got You” delle Charmels come in “C.R.E.A.M.”, però in punti differenti) completano una colonna sonora più che stuzzicante e del tutto priva di giri a vuoto.

Va da sé che il resto sia nelle mani di Joe, il quale – a dispetto della limitata notorietà – vanta una pluriennale esperienza al microfono, tanto più palese quando si fa affiancare, senza venirne eclissato, da diversi nomi di punta del Wu-Tang Clan (non tutti al massimo della forma, ahinoi – vedi Inspectah Deck). Flow deciso, incastri lineari e ben gestiti, wordplay nella media; la qualità del Rap non sarà da capogiro, tuttavia è adeguata a un’uscita che sul fronte tematico privilegia un assortimento infallibile (autocelebrazione, motivazioni personali, riferimenti sparsi all’attualità), concedendosi al più una parentesi sentimentale in “What’s Love”. Trattandosi di un’operazione che si muove all’interno di un perimetro già tracciato, a sua volta corredato da atmosfere altrettanto riconoscibili, ne emerge un profilo artistico sulle cui concrete potenzialità è impossibile esprimere valutazioni troppo precise, perciò il giudizio è sospeso a futuri progetti dal maggior peso identitario.

Nel frattempo, togliendo dal conto due skit e un interludio, manifestando qualche perplessità su alcuni featuring (Method Man figura sì in un paio di brani, ma con la medesima strofa; di Bigga Threat si poteva fare a meno; Ol’ Dirty Bastard… Ol’ Dirty Bastard?!), considerando che il protagonista riserva per sé un solo pezzo solista e ribadendo la modesta originalità dell’insieme, mi sento di dire che “Invincible Armour” sia il primo, vero guilty pleasure di inizio anno. Recuperatelo!

Tracklist

Joe Young – Invincible Armour (Young Life Records 2016/2017)

  1. Invincible Armour (Intro)
  2. Crack Babies [Feat. Method Man]
  3. The Projects [Feat. Masta Killa]
  4. The Eagle Claw (Skit)
  5. Still Don’t Wanna Go Back [Feat. Inspectah Deck]
  6. The Life I Chose [Feat. Raekwon]
  7. Invincible Armour (Interlude)
  8. Dirt [Feat. Ol’ Dirty Bastard and Old Dirty Junior]
  9. Jealous Master (Skit)
  10. Crack Babies 2.0 [Feat. Method Man, Raekwon, Masta Killa and Cappadonna]
  11. What’s Love [Feat. Dame Grease and Bigga Threat]
  12. No Love Lost [Feat. Cappadonna and Hanz On]
  13. Mr. Who (Skit)

Beatz

All tracks produced by Dame Grease

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