Intervista a Millelemmi (Luglio 2014)

Tra le varie novità italiane di valore e, per una volta, forti di un consenso che va (anche) oltre la sola scena Hip-Hop, Millelemmi è un bravissimo mc che negli ultimi tempi ha avuto modo di performare in situazioni importanti e al fianco di musicisti di vario genere. Ha inoltre pubblicato un disco di remix con la collaborazione di alcuni dei nomi più interessanti della scena Elettronica italiana e, last but not least, ha anche attirato l’attenzione della sezione culturale de La Repubblica. Prima che Fazio e la Dandini ce lo strappassero, abbiamo dunque pensato di porgli alcune domande su diversi aspetti della sua vita artistica…

Jonathan: ciao Francesco, è appena uscito “Cortellaha 2.0”, una sorta di upgrade del tuo lavoro, che è forse quello che ha goduto di più visibilità (correggimi se sbaglio, ovviamente). Mi sembra che il suono sia molto legato all’Elettronica degli ultimissimi tempi, che in Italia sta vivendo uno di quei periodi simili al ’96 per il Rap nostrano. Tu hai in effetti sempre flirtato con quella scena, eppure sei un esponente del Rap nelle sue derive più tecniche da tempo immemore, come vivi e com’è nata questa tua dualità tra attitudine tipicamente Hip-Hop (con particolare predisposizione verso il nonsense e l’ironia, ovviamente) e sonorità a volte distanti dal tipico boom bap?
Millelemmi: quello che ho sempre cercato di fare è stato semplicemente non smettere di ascoltare musica nuova e di seguire le nuove uscite. Probabilmente negli anni post golden age molta gente si è seduta sul quel suono o si è smarrita nei cambiamenti degli anni duemila. In realtà, sono successe un sacco di cose fighe che hanno portato a oggi. A Firenze poi ci sono gli Ether, che sono un gruppo pioniere e importantissimo di quella che si chiamava IDM e che ha dato vita alla nuova scena di beatmaking; personalmente, credo che in queste realtà sia rimasta un’attitudine molto più Hip-Hop che in altri ambienti, lo dimostra il fatto che anche gente come Speaker Cenzou, FFiume e FrankyB (Men In Skratch, ndJonathan) seguono con grande interesse e hanno partecipato con grande entusiasmo a “Cortellaha 2.0”. In fondo, il vero boom bap nasce dall’ibridazione di suoni e culture e non si ferma mai, quindi forse verrebbe da chiedersi com’è che altri abbiano invece perso la bussola.

J: tu fai parte di una piccola (nel senso di dimensioni, sia chiaro) label che però sembra lavorare molto bene, tanto con te quanto con altri artisti come ad esempio quello che un tempo era noto come Dj Nada e ora è Godblesscomputers. Puoi parlarci di quest’etichetta? Te lo chiedo perchè mi sembra che dal periodo Overknights (collettivo fiorentino di cui facevi parte assieme a vari artisti tra cui Biga, Daretta e Digi G’Alessio) ad oggi, la tua attività live si sia intensificata di molto e allo stesso tempo il tuo canale YouTube, grazie ai video dei nuovi brani, si sia particolarmente arricchito di visitatori. Che lavoro hanno svolto esattamente e com’è nata l’etichetta?
M: mah, come sia nata la Fresh Yo! Label dovresti chiederlo a Simone Brillarelli, che è il boss… La nostra collaborazione è nata in quanto anche lui è un musicista e abbiamo militato a lungo negli stessi ambienti, pensa che ha curato anche la produzione di alcuni pezzi di “Nosocomio tungsteno” nel 2009. Suo grande pregio e lungimiranza è stato fondare appunto Fresh Yo! al momento giusto e nel giusto modo. Per me hanno curato mixing e mastering dei dischi “Spazionauta EP”, “Cortellaha” e “Cortellaha 2.0”, la loro grafica e tutta la promozione. Hanno anche promosso quella dei primi quattro video a eccezione di “Megatricks”, che invece abbiamo anche co-prodotto. Suonare per loro è molto bello anche perché mi permette di esibirmi in bei contesti come, ad esempio, l’Imano Festival di Bologna.

J: negli ultimi tempi mi è capitato di vederti all’Arterìa a Bologna e ho notato che una grossa fetta di pubblico era costituita da giovanissimi (parlando da 32enne, intendo persone tra i 20 e i 25, l’età purtroppo è una dannazione, almeno per me!), è una cosa che hai notato anche tu e si verifica spesso? Allo stesso tempo, rispetto alle atmosfere di “Nosocomio…”, mi sembra che l’asse si sia spostato verso una diversa attitudine, per certi versi più giocosa e solare. E’ stato qualcosa di programmato, o avevi semplicemente altre esigenze espressive?
M: anzitutto, se definiamo giovanissima la fascia 20/25 anni, poi che si fa, mettiamo i 16enni nella culla? In realtà, l’utenza media ai live è normale che sia quella, sopra i trenta l’italiano medio per un motivo o per un altro inizia a starsene a casa. Io sono estremamente bipolare e riguardandomi indietro la mia discografia è costellata di alternanze fra momenti introspettivi ed esplosioni di energia fisiologicamente distribuite nel tempo: ogni disco, quindi, rappresenta me stesso in quel momento. La prossima invece sarà una scelta vera e propria, voglio cercare di far convivere i due o più me donando una maturità personale e artistica a un album complesso e strutturato.

J: ovviamente l’argomento dialetto prima o poi sarebbe dovuto venir fuori, quindi eccoci qua, il fiorentino. Rispetto al napoletano (che personalmente non amo) e al romano (che è praticamente un non dialetto, avendo molte meno peculiarità rispetto a tantissimi altri idiomi regionali), il fiorentino è sicuramente una scelta poco prevedibile eppure, se ci si pensa, meno azzardata di altre. In effetti, il dialetto fiorentino, vuoi per Benigni o per Nuti o per altro ancora, è qualcosa che ispira simpatia e crea familiarità, perciò non mi stupisce che possa aver creato un caso, applicato al Rap. Quello che vorrei chiederti è però se la sua applicazione abbia richiesto un lavoro di limatura o se siamo di fronte a un dialetto preso direttamente dalla fonte e lasciato intonso. Sono più che altro incuriosito dall’uso di alcuni termini a volte anche abbastanza inusuali, pensavo che il fiorentino fosse semplicemente l’italiano senza c e senza t, ma evidentemente sbagliavo!
M: si tratta di una non scelta e dato che vengo proprio da Firenze direi che era anche prevedibilissima! Anche nel caso del nostro si può parlare più di un accento che di un dialetto vero e proprio, che per essere classificato tale necessita di parole proprie non presenti nel dizionario italiano. Spero che suoni bene, io ho sempre rappato cercando originalità e personalità in tutto, quindi anche nell’accento, perché no. Aver conosciuto poi gli MDS, i primissimi a rappare in fiorentino, mi ha aperto la strada. Credo che ognuno debba fare Rap nello stesso modo in cui parla ogni giorno, senza troppi artifici; ogni lingua o dialetto ha dei bei suoni, vanno solo capiti.

J: parlando di Hip-Hop, cioè di basso, batteria e campioni Funk, con qualche bella rimetta improvvisata quando possibile, tu hai organizzato un po’ di serate molto fighe a Firenze, a cui ho presenziato persino io una volta, nelle quali era possibile prendere possesso di palco e strumento per fare delle jam. Che tipo di risposta hai ottenuto? Com’è stato coinvolgere i musicisti? Partecipano più musicisti o rapper? Verrano riproposte?
M: la serata si chiama Yes We Jam! e si è svolta per quattro ore, ogni domenica, per nove mesi allo storico Jazz Club di Firenze, città dalla scena musicale assai florida (io stesso ho militato in varie band). Negli ultimi tre anni ho fatto diverse serate d’improvvisazione con campionatori, giradischi, ecc… In giro per la città, invitando miei amici jazzisti. Quando la cosa è maturata ho trovato casa al Jazz Club e siamo partiti. La grandissima risposta è stata anzitutto da parte dei migliori musicisti – rapper pochi – che sono accorsi con un entusiasmo rarissimo, di conseguenza il pubblico non ha tardato ad arrivare, creando dei veri e propri sold out. Durante la stagione abbiamo iniziato a chiamare ospiti come Dre Love (di casa), Alien Dee, Danno, Dj Craim, Dj Lugi, Dub Fx, Esa, Tormento, che hanno jammato con noi divertendosi molto, a quanto pare. Ogni tanto esportiamo il progetto con una formazione variabile fatta di batteria, synth, un fiato, scratch, sampler e Rap, dove la situazione prende più la forma di un live che di una jam session, anche se improvvisiamo quasi tutto. Per l’estate stiamo facendo la summer edition una volta al mese e poi ripartiremo con la stagione invernale.

J: pur conoscendoti soprattutto come rapper, tu sei anche un bravo dj e produttore e ti ho persino visto usare delle bacchette da batterista! Usciranno a breve progetti in cui far emergere quest’aspetto? E, soprattutto, vivere la musica così tanto dall’interno, ti ha influenzato direttamente nel proporre un Rap così particolare?
M: credo che l’unica cosa che so fare con cognizione di causa e spero bene sia il Rap, quindi mi proporrò sempre come tale, tuttavia partecipo spesso alla produzione dei miei brani e penso che nel prossimo disco questo si noterà di più. Come mi ha detto Dre Love, il percorso ideale per un musicista Hip-Hop è fare il dj, poi il produttore e poi rappare, i migliori hanno fatto così, da Redman a Dilla, perché si capiscono tante cose in questo modo. La musica è una sola grande entità e più linguaggi conosci, più provi a capire le varie voci che la compongono (gli strumenti), più userai meglio la tua.

J: ultima domanda, la più classica. Dimmi cosa ti piace di ciò che è l’Hip-Hop italiano, sia che si tratti di nomi di artisti che di situazioni particolari, e magari dì anche quello che non ti piace.
M: voglio essere onesto, non me ne importa molto. Ma se devo esprimermi noto con dispiacere che l’Hip-Hop italiano sia da sempre molto popolato da categorie inutili, ad esempio le situazioni e le realtà chiuse; quelli che fanno gli ortodossi; quelli che dicono che siamo una grande famiglia per forza e poi vedi sorrisi falsissimi che si annusano da chilometri, si invidiano e cercano di scavalcarsi a vicenda; i saccenti che hanno iniziato da poco e credono di sapere tutto – e così via. Una cosa che davvero non capisco, inoltre, è come sia possibile che ci sia un numero infinito di mc’s incredibilmente sopravvalutati, non ci scordiamo che fra saper rappare ed essere un bravo rapper c’è una bella differenza e specialmente dal vivo poi lo vedi.

The following two tabs change content below.