Intervista a Leon Bueno (15/03/2025)
Dopo circa dodici anni di esilio dal magico mondo delle recensioni e in generale dal giornalismo musicale, con la solenne promessa di non occuparmi più di queste cose, sono lieto di fare un’unica eccezione per una validissima ragione: parlare del progetto di Leon Bueno, ennesimo alias artistico di Davide Barca, poliedrico artista marchigiano proveniente da Ancona e noto ai più per la sua militanza nei Banana Spliff, qui al suo secondo lavoro ufficiale, l’EP “El sueño gordo” appena uscito per la mai abbastanza lodata StrettoBlaster. Sono davvero lieto di poter fare questa chiacchierata, sia perché conosco Davide da anni ed è sempre un piacere parlare con lui di musica, sia perché ritengo il suo percorso a nome Leon Bueno una delle cose più fresche e originali che ci siano in Italia. Sperando di rendergli quindi giustizia, diamo il via alle danze e cominciamo questa conversazione ricca di spunti provenienti da ogni angolo dell’Universo, come state per leggere.
Jonathan: per iniziare, vorrei che mi descrivessi un po’ i tuoi esordi, che aria si respirava negli anni novanta in relazione all’Hip-Hop e com’è stato per te rapportarti inizialmente a questo movimento, soprattutto in una città con una forte tradizione come Ancona (che, per chi non lo sapesse, annovera figure storiche, autentici pionieri nel writing e nel breaking, oltre che nel Rap, senza stare a fare nomi che sarebbe impegnativo fare, anche per via del rischio di tralasciare sicuramente qualcuno – ndJonathan)?
Leon Bueno: guarda, la questione della tradizione è un po’ particolare e anche abbastanza spinosa, per il semplice motivo che ci sono state cose che ho apprezzato e altre meno di quel periodo, anche se va detto che è stato fantastico potermi rapportare con amici che avevano la mia stessa passione e che magari potevano anche avere qualcosa da insegnarmi, avendo in alcuni casi più anni di me e di conseguenza una maggiore esperienza. Per il resto, riassumerei quel periodo dicendoti che al tempo eravamo una trentina di amici con un’energia speciale e una finestra sul mondo, ora siamo una trentina di amici con un’energia speciale e una finestra sul mondo molto più ampia. Quindi sì, all’origine i Banana Spliff (ovviamente, siamo ancora attivi), le sbronze, i graffiti, i cannoni, la musica. Non sono mai stato troppo interessato ai ricordi o alle questioni nuova scuola/vecchia scuola. Ci sono sicuramente persone importantissime che ho incontrato, ma non era una questione strettamente legata all’esserci da prima o al venire da una tradizione. Insomma, non erano cose automatiche.
J: non è venuto fuori come concetto, ma una cosa che secondo me si respirava molto era la competizione. Ai tempi diffusissima, ora forse declinata più in una fastidiosa questione di numeri di ascolti e via dicendo, per quanto riguarda l’aspetto musicale. C’è chi potrebbe pensare sia un elemento utilissimo in grado di stimolare la creatività, chi invece non la considera poi così fondamentale; tu come ti poni?
LB: dipende dal tipo di competizione di cui si parla. Per quanto mi riguarda, l’unica competizione è ed è sempre stata quella con me stesso.
J: ascoltando l’EP, posso dirti che la prima cosa che ho pensato è che fosse musica davvero divertente, fatta da una persona che si diverte a farla e, boh, ci ho ritrovato molto di quello che è l’Hip-Hop per come l’ho conosciuto io. Confermi?
LB: in realtà, è molto semplice. Uno dei pilastri, in senso storico, è appunto il divertimento. Insomma, nasce tutto dai party, dalla voglia di aggregazione, dal fatto che delle persone che non avevano un soldo si sono create una cosa per stare insieme e divertirsi. Poi uno può anche scegliere di trattare argomenti seri, profondi e personali, ma di base per me c’è sempre il divertimento, come molla e necessità.
J: questa cosa del divertimento, secondo me, viene bene per parlare appunto del tuo presente come Leon Bueno, perché al di là del poter cercare legami nel tuo modo di fare musica nei tuoi progetti precedenti, il vero punto comune che trovo tra tutti i tuoi lavori è proprio quello del divertimento. Sbaglio?
LB: no no, dici giusto. Coi Banana è sempre stato importantissimo divertirsi, questo a prescindere dalla tematica del brano o dall’atmosfera che si vuol dare alla canzone, eravamo e siamo persone che si sono sempre divertite nel fare musica e credo che questa sia fortunatamente una cosa che non ti può togliere nessuno.
J: se il divertimento, come ti dicevo, lo ritrovo moltissimo in tutto quello che hai fatto come Leon Bueno, lo stesso è per questo EP, vicino alla necessità di divertirsi magari anche ballando. Va da sé che credo abbia avuto una grande importanza anche il fatto di orientarsi verso generi musicali molto vari, soprattutto senza perdere di vista la contemporaneità. Quando parlo di contemporaneità ovviamente ne intendo una non necessariamente super esposta come può essere il mainstream, credo tu abbia fatto una grossa ricerca in termini di ascolti e sono curioso di saperne di più a questo proposito, dato il tuo approccio alla musica che definirei decisamente internazionale.
LB: se mi permetti, ti correggerei su una cosa, il mio approccio lo definirei più propriamente universale. Riguardo agli ascolti, come dici tu c’è senz’altro molto da dire, appunto un Universo di cui parlare. Possiamo partire dal Sud America, sicuramente c’è la Salsa vecchia e la roba della Fania Records, quindi ad esempio le cose di Hector Lavoe o di Willie Colon, quella roba di New York è al 100% parte integrante di quello che faccio. Boogaloo, Cumbia classica, che per quanto classica ha comunque le sue cose sperimentali tipo i Meridian Brothers, che sono originalissimi e avanguardisti. C’è poi roba inglese che ascolto molto, ad esempio Pa Salieu, che è fortissimo e fa cose che rientrano sia nel Rap che nell’Afrobeat, o anche Obongjayar. In Brasile, poi, c’è un artista di nome Rincon Sapiencia che mi piace, ma ascolto anche un sacco di cose di Brazilian Funk. Credo che a livello europeo la scena più forte sia quella spagnola, io sono in fissa per Bejo, Craneo, Santa Salut, tutte cose veramente toste. Ovviamente, ascolto anche Hip-Hop americano, mi è sempre piaciuta la roba più dura, figure come Crimeappple, Dj Muggs, oltre ad avere una venerazione per Sick Jacken e Kool Keith. Sempre per quanto riguarda le cose americane, ti direi Masego, un artista che trovo incredibile. Infine, ho la fissa per l’Hip-Hop messicano, mi piacciono molto Santa Fe Klan e La Santa Grifa, che trovo davvero devastanti. E poi basta, direi, ovviamente potrei continuare per giorni…
J: direi che hai citato moltissime cose e mi confermi l’impressione che avevo, ossia che alla base del tuo progetto ci sia in effetti un grandissimo percorso di ascolti, cosa che fa molto piacere dato che considero l’Italia il terzo mondo della ricerca in fatto di musica. Per chi non lo sapesse, tu hai anche un progetto di selezione musicale chiamato Ufo Tropical, un dj set assieme ad Alberto aka Al Sabrosito (musicista presente anche nel tuo progetto Full Vacuum), siccome l’elemento del divertimento è accostabile anche a quello del ballo, mi viene da chiederti se una selezione come la tua, fatta di brani che magari gli algoritmi odierni purtroppo ignorano, trovi una buona accoglienza, ossia se il pubblico di fronte a cose che non conosce balli oppure no.
LB: guarda, posso dirti che le persone reagiscono bene, abbiamo sempre avuto un ottimo riscontro. Questo credo proprio per la natura ancestrale della musica che mettiamo. VIVA UFO TROPICAL!
J: data la natura ibrida del linguaggio usato nelle tue cose, mi viene spontaneo chiederti se non hai mai pensato al mercato estero come possibile finestra cui affacciarti.
LB: certo, credo sarebbe fichissimo. Non troverei assurdo se uno spagnolo o un americano andassero in fissa per un pezzo mio, se ci pensi non è che noi capiamo tutte le lingue del mondo e succede che si possa amare una canzone senza necessariamente coglierne tutte le parole. Ovviamente, se vuoi apprendere il significato te lo vai a cercare, è questione di curiosità e di imparare cose nuove.
J: la questione del linguaggio è interessante e si ricollega anche a un altro punto che volevo approfondire con te, ossia l’approccio alla scrittura. L’utilizzo di più idiomi viene da una volontà precisa di creare qualcosa di internazionale, anzi di universale, per usare il termine che hai giustamente introdotto tu, o è stato semplicemente un passaggio spontaneo? Ti ha aiutato il fatto di essere tu stesso diventato poliglotta per il tuo percorso personale di vita?
LB: sai che a essere sincero non saprei proprio (ride – ndJ)? Comunque, direi che è stato un passaggio abbastanza naturale, dal momento che avevo scritto già cose in inglese e spagnolo nelle mie precedenti esperienze, quindi non è stata una cosa decisa, studiata. Riguardo il parlare più lingue, secondo me è vero fino a un certo punto; credo semplicemente che a volte ci siano parole che per suono, ma soprattutto per significato, siano più forti in una lingua piuttosto che in un’altra. Spezzettare il senso che avrebbe una frase in una sola lingua, arricchendolo di altre sfumature provenienti da altre lingue, rafforza dunque quel senso invece che indebolirlo. Probabilmente, anche a costo di risultare superbo, il solo italiano mi va troppo stretto per quello che vorrei fare. Prima di essere nati in certe coordinate geografiche, siamo nati nell’Universo. Non c’è stato un progetto, uno studio dietro a tutto ciò, mi è venuto semplicemente spontaneo.
J: sempre in relazione alla scrittura, il fatto di essere anche un artista che si esprime attraverso la pittura, tant’è che alcune copie fisiche del disco hanno in allegato una tua opera realizzata per l’occasione, credi abbia influenzato il tuo lavoro sulla musica?
LB: guarda, spesso mi è capitato che qualcuno mi dicesse tu dipingi, fai musica, ma forse dovresti scegliere quali delle strade da percorrere. E’ semplicemente impossibile, per me sono la stessa cosa. I miei testi sono pittura. Se mi chiedi di spiegare il quadro, il quadro non c’è più. Le due cose corrono da sempre insieme e si influenzano a vicenda. Jeet Kune Do, il non metodo come metodo. Si può solo dire nulla.
J: avvicinandoci alla conclusione, ti faccio un’ultima domanda per soddisfare una curiosità che è soprattutto mia. “El sueño gordo” arriva in copia fisica con una tiratura limitatissima, mentre in formato digitale è possibile ascoltarlo solo sul Bandcamp di StrettoBlaster. Mi chiedevo le motivazioni; io avevo pensato che fosse un po’ nello stile di quell’operazione del Wu-Tang Clan, quando produssero una sola copia di un loro album (poi miseramente finita nelle mani di un riccone dall’indole più che discutibile…), cioè qualcosa per dare valore all’opera artistica, in un’epoca in cui è tutto un mordi-e-fuggi. Però penso che, al di là delle varie dissertazioni possibili, tu lo possa spiegare meglio di me.
LB: allora, è una scelta che parte da StrettoBlaster e con cui mi sono trovato completamente in sintonia. Sono felicissimo di uscire per la label di FF, che conosco da tantissimo tempo e con cui ho anche collaborato più volte musicalmente. E’ una persona genuinamente mossa dall’amore per la musica e che non ha mai smesso di produrre in tutti questi anni. Perciò prendo in prestito le sue parole, che possono rispondere meglio di te e me a questa domanda: “El sueño gordo” fa parte di una collana che si chiama SBDubClub, si tratta di piccole tirature, un’operazione artistica e di artigianato, lì dove la musica viene fatta per essere suonata su supporto dai primi che ci arrivano (in chiave dubplate) e per essere fruita in alta qualità digitale. Spotify incarna il contrario di questa filosofia, è la morte della musica per come la intendiamo noi. Scarsa qualità musicale, ascolto pilotato da algoritmi e playlist, scarso valore dato ai musicisti, che sono equiparati a carne da macello e che anzi vengono stimolati ad una overproduzione. Noi siamo altro e progressivamente in futuro ritireremo anche altre uscite da Spotify. Ad oggi abbiamo lasciato liberi i nostri artisti se uscire su Spot o meno, ma andando avanti diserteremo e boicotteremo, nel nostro piccolissimo, la piattaforma. Chiaro?
J: chiaro. Ultimissima curiosità: progetti di portare il disco live in giro?
LB: vedremo…
Jonathan
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