Intervista a Inoki @ Warner Music Studios – Milano (Marzo 2007)

Blema: essere a Milano negli studi della Warner ed essere intervistato…
Inoki: …da te!
B: da me, per di più! Che effetto fa? Qualche anno fa l’avresti mai detto?
I: non l’avrei mai detto, comunque non mi fa neanche tutto quest’effetto. Qualche anno fa non l’avrei mai detto, l’anno scorso sì, anzi mi son chiesto perché io no? Credo che sia giusto, sia normale, non sia niente di male essere qua.

B: tu conosci la Zukar, che si occupa sia di Fabri che di Nesli, ma non ti sei rivolto a lei per arrivare fin qui…
I: ne approfitto per salutarla! Comunque provai a rivolgermi a lei tanti anni fa, quando si sparse il pettegolezzo che aveva aperto la Def Jam in Italia, le avevo fatto una telefonata e, visto che non era servita a molto, sono passato attraverso altri canali. Non l’ho proprio chiamata, la Zukar.

B: quest’album per te cosa rappresenta? “Nobiltà di strada” cosa vuol dire: aver raggiunto qualcosa, voler insegnare qualcosa a chi il Rap non lo conosce? Fare un prodotto mainstream vuol dire anche farsi ascoltare da gente del tutto estranea al mondo dell’Hip-Hop.
I: intanto, secondo me significa un’inversione di marcia, un’inversione a U su un’autostrada che secondo me è sbagliata ed è quella dell’autoghettizzarsi, di fare il povero quando non lo sei. “Nobiltà di strada” è il contrario, è gente che non ha niente e sta cercando di mettersi in piedi, si mette una corona in testa da re anche se poi conta zero nella società, questa è nobiltà di strada: cercare uno spiraglio di luce laddove non c’è, cercare di venir fuori da situazioni che non ti portano da nessuna parte, riferito alla droga, alle strade che ti vengono proposte comunque dalla strada. Cercare la propria nobiltà col Rap che comunque è un’arte e non è come vendere il fumo. Io sono legato alla mentalità Zulu Nation old school che ti dice di fare il Rap per migliorare la tua vita e non per peggiorarla e con “Nobiltà di strada” volevo far capire alla gente che la penso così ed è anche un’ennesima affermazione del mio stile, perché in ogni disco che faccio cerco di migliorarmi. E’ riferito anche alla mia esperienza personale, che spero di poter condividere con più gente possibile.

B: la scelta di “Sentimento reciproco” come singolo. Racconti di gente che parla tanto, un dissing neanche troppo velato, pensiamo al chiaccheratissimo verso <<la tua fibra è il mio lassativo>>
I: sì, Fibra un po’ mi ha ispirato, ma non solo lui. Niente a caso. Anche quando è un freestyle le parole comunque arrivano da qualche parte e niente è lì per caso, magari non è lì apposta. Quel pezzo secondo me era per far capire a tutti quelli che non mi conoscono che io sono quello, che il mio Rap comunque è hardcore, ci tenevo che la gente capisse chi sia veramente Inoki e ci teneva anche l’azienda. Io come primo singolo avrei fatto “Il mio Paese se ne frega”, ma mi è andato benissimo anche “Sentimento reciproco”. Nell’ultimo periodo avevo avuto molte energie negative e avevo bisogno di sfogarmi, di rimandare indietro queste energie per non rodermi dentro… Rodetevi voi! Era proprio un discorso di karma, ho avuto tanto odio e ho voluto ridarlo indietro, ma ho avuto anche amore e ho voluto ridare indietro anche quello. Tutti hanno sentito solo la rima sulla fibra lassativa, però secondo me c’è anche una grossa polemica riguardo alla musica italiana, da Masini a Cristicchi.
B: fa notizia?
I: se fa notizia interesserà all’azienda, per me quel pezzo rappresenta solo quello che penso.

B: durante l’intervista a Mista, siamo finiti a parlare di un contest di freestyle in cui lui tra l’altro era in giuria e in quell’occasione tu, che eri tra i partecipanti, non eri stato affatto d’accordo col giudizio. Quello è stato solo un episodio o ti dà fastidio in generale essere giudicato, in un contesto simile alla gara di freestyle?
I: salutami Mista! Comunque, in generale, non mi piace essere giudicato, credo che solo Dio possa giudicare qualcuno. A un certo punto ho smesso di fare gare di freestyle e ho cominciato a organizzarle, la mia gara di freestyle è il 2theBeat e si basa sul fatto che non c’è la giuria. E’ il pubblico. Ho proprio detto esplicitamente no alla giuria, voglio il pubblico perché è il pubblico che deve decidere, nel bene o nel male. Mi è capitato di fare delle gare di freestyle in cui sono stato giudicato male, per me, poi magari avevano ragione ma ci sono rimasto molto male. Se lo fanno mille persone ti arrendi un po’ all’idea, se lo fanno in due rischi di andarci a litigare, specialmente a caldo sul momento. Comunque un paio le avevo vinte, ai tempi, diciamolo! Poi al 2theBeat c’era stata una polemica sul giudizio del pubblico e ho preteso l’applausometro, credo che il voto popolare sia una buona cosa.

B: in un verso de “Il mio Paese se ne frega” dici che in Italia le morti non sono mai abbastanza ricordate, anche se in quel pezzo ti riferisci a morti politiche. Non c’entra niente, ma la morte di Joe Cassano secondo te com’è ricordata? Mi viene in mente che, nell’autunno 2005, in occasione del concerto di Masta Killa, si era celebrato un tributo a Cassano e aveva aperto il concerto Yared, ma non avevamo apprezzato particolarmente le minacce urlate sopra “Nocche dure”, sul genere se non ve lo ricordate vi veniamo a prendere, cenni di lama sul collo, ecc…
I: io di Yared preferisco non parlarne. Sono sempre in prima linea per Joe Cassano, a ogni mio concerto lo ricordo all’inizio e alla fine perché è stato un fratello per me ed è giusto che noi lo ricordiamo come Notorius, Tupac, Big L, Big Pun, ecc. E’ stato un personaggio importante, ha cambiato la faccia del Rap, è stato il primo ad avere il coraggio di parlare veramente della strada in Italia. Io ho avuto la fortuna di essere in gruppo con lui, ho molto amore per lui e spero che non venga scordato. In quella lirica dico <<tanto finché non ci esce un morto/a nessuno importa niente/si scordano in un giorno>>; ed è vero, il Joe purtroppo è un esempio di questo. Prima che lui morisse tutti lo sputtanavano, dopo che è morto è diventato un mito. E’ un po’ triste, per me era un mito anche prima. E non è neanche un mito così grosso come viene descritto adesso che è morto, non è un megamito adesso e un coglione prima. In quel pezzo parlo di politica perché ci siamo legati tutti, la scomparsa di Carlo Giuliani è una cosa importante per tutti i ragazzi perché lo Stato in quel periodo ci ha fatto capire che noi dovevamo solo stare zitti. Ma non bisogna arrivare a un morto, bisogna accorgersene prima, incazzarsi prima.

B: Bologna è una città importante per l’Hip-Hop in Italia, citiamo Zona Dopa, tu, Joe Cassano, Sangue Misto e altri nomi di rilievo. Oggi come centro dell’Hip-Hop, Bologna com’è? Ancora attiva come una volta, meno, di più?
I: Bologna è una città strana, secondo me se non era per Bologna non ci sarebbe stato tutto quello che c’è adesso. Continuerò a dirlo, secondo me ci hanno copiato tutti. Tutti, da Milano a Roma, tutti hanno succhiato da Bologna, sarebbe giusto che ogni tanto lo dicessero. Purtroppo non è più come una volta, Zona Dopa non c’è più da tanti anni e oramai fa parte del passato, come parlare dei Gang Starr Foundation, tanto di cappello e rispetto, però non ci sono più, come parlare del Wu-Tang, tanto rispetto, però oggi non sono loro che mandano avanti la cosa, per quanto sia stato fondamentale il loro apporto alla crescita dell’Hip-Hop. Bologna purtroppo non è più sotto i riflettori com’era una volta, siamo rimasti in pochi ad avere ancora la testa sulle spalle. A Bologna, in strada, non c’è coscienza, se tu giri un po’ per la città ti accorgerai che è una realtà un po’ strana, un po’ degradata, divisa, faziosa, siamo in quattro e litighiamo, però è da quei quattro che escono fuori le robe che influenzano tutta l’Italia. E’ ancora forte Bologna, in modo diverso da prima, non so dirti se più o meno, ma sicuramente in modo diverso. Siamo ancora col coltello tra i denti, ti sei scordata di dire che a Bologna ci sono stati i primi marocchini in Italia a rappare in italiano, le prime crew miste le abbiamo create noi e ne sono molto fiero. Bologna va forte, è un po’ il Bronx dell’Italia! (ride, ndBlema)
B: insieme al Palladium, una volta come mecca dell’Hip-Hop italiano c’era anche il Link…
I: …dove le serate erano di un certo livello. Bologna è forte per il Rap, però solo per il Rap, perché per il Writing è Milano su tutti, per la Break è Torino… Però per il Rap Bologna e ne vado molto fiero.
B: c’era il vecchio Link.
I: c’era il vecchio Link, che non ha niente a che fare con quello nuovo.
B: è cambiata molto anche la gente, sia del pubblico che dell’organizzazione. Come hai vissuto questo cambiamento?
I: a Bologna, a parte il Link, c’è proprio un problema sociale. Non ci sono spazi nella città. Il Link nuovo è a fanculo e non ci va nessuno, i ragazzi di Bologna non ci vanno perché anche se hai la macchina è lontano, è sfigato, ci va poca gente, costa tanto, poi il Link ha sempre avuto questa politica di costare tanto e non offrire tutta questa sciccheria, quindi si è un po’ rovinato con le sue mani. A Bologna come a Milano, chi porta avanti l’Hip-Hop è la scena club. E’ triste da dire, però la realtà è questa: le cose nuove, le belle serate, te le fai nei club. Poi io questo sabato sono al Leoncavallo e mi auguro che sia una bella serata, le serate che ho visto al Leoncavallo sono belle, mi sono sempre divertito, però come a Bologna adesso gira tutto nei club, intorno ai giocatori di basket americani, siccome a Bologna abbiamo due squadre importanti compaiono anche giocatori americani, ci sono queste realtà di piccoli club che fanno un po’ quello che faceva Zona Dopa una volta perché poi i club di Bologna non sono come quelli di Milano, sono molto meno fighetti, l’ambiente è molto più tranquillo, molto più street, però purtroppo adesso il fermento è lì. Il nuovo sindaco ha tolto tutti gli spazi, non c’è più uno spazio a Bologna in centro, c’è solo il TPO dove comunque sono molto schierati politicamente quindi è difficile proporre l’Hip-Hop, perché è una cultura americana. E’ un centro sociale, ma non vuol dire niente, perché ad esempio a quelli del Livello non glie ne fregava niente, invece con questi del TPO abbiamo dovuto discutere… Poi io vado molto d’accordo coi ragazzi del TPO e spero che riuscirò a fare qualcosa, però è proprio dura per chi gestisce degli spazi a Bologna andare avanti. Finché il comune non si interessa un po’ ai giovani è difficile e non solo per l’Hip-Hop, per tutte le culture giovanili. Bologna è stato un fulcro culturale per tanti anni e speriamo che lo ritorni, io non mi trasferisco da Bologna proprio perché sto facendo questa lotta, sarebbe facile trasferirmi a Milano come hanno fatto altri, o a Roma… Però resto lì, anche perché ho fatto “Bolo by night”, quindi se me andassi sarei un po’ fake, continuo questa mia lotta e spero di ottenere qualcosa negli anni, nel tempo.

B: l’ultimo grande evento a cui hai partecipato è stato l’Hip-Hop Motel, ma dopo quello non hai aperto altri concerti americani, che io sappia. Decisione tua o dell’etichetta? Perché Mondo Marcio, ad esempio, non era riuscito a cantare in quell’occasione per impegni con la EMI…
I: l’etichetta non prende nessuna decisione, le decisioni su di me le prendo io, al massimo insieme. Marcio non so, io non ho diciott’anni, mi faccio rispettare in un’altra maniera, il rapporto è diverso, è molto maturo e professionale. La mia etichetta non mi pone limiti di questo tipo, è a me che non interessa più aprire concerti agli americani. Una volta, quand’ero più giovane e avevo bisogno di farmi vedere, andavo gratis. Sapevo che c’era un americano, chiamavo dicendo fatemi aprire e ne ho aperti tantissimi: KRS-One, Wu-Tang, Cocoa Brovaz, Talib Kweli, Buckshot… Adesso come adesso non sono d’accordo col fatto che gli americani vengano qua a fare il loro gioco, qua il gioco dobbiamo farlo noi come hanno fatto in Francia, come hanno fatto in Inghilterra… L’americano, se va in Francia, ci va dopo che sono d’accordo i francesi e comunque devono guadagnare di più i francesi. E’ giusto che in Italia guadagniamo più noi, dopo, se ce n’è in più, chiamiamo gli americani; perché gli americani a noi non ci chiamano… Aprire a loro ci può stare all’inizio per farsi conoscere, è giusto, però non è quella la via, è con le tue canzoni che ti fai conoscere. E comunque noi dobbiamo portare in alto il Rap italiano perché è il nostro compito e non dobbiamo essere succubi del Rap americano. Non apro più a nessun concerto americano come politica, a meno che non mi paghino come un americano. Non per una questione di soldi, ma perché come rapper italiani meritiamo più rispetto.

B: essendo RapManiacZ un sito, siamo abituati a sentire pareri sulla musica dalla gente che circola in Internet, da siti, blog, eccetera. Sei stato attaccato tantissimo da molti, per esempio Hatingline…
I: ah! Vabbè, ma la cagano in dieci quella roba lì…
B: mah, a me pare abbastanza seguito…
I: sì ma se tu guardi le entrate del mio MySpace e del MySpace di Padre P-Yo, io ne ho fatte 65.000 e lui 3.000. Quindi ci sono quei 62.000 ingressi di differenza…
B: quindi la cosa non ti ha toccato per niente, per quanto fosse abbastanza pesante?
I: no, per niente. Prima forse un pochino… Ma li trovo patetici, li trovo dei perditempo che invece di darsi da fare, rimboccarsi le maniche e tirarsi su, cercano di buttare giù quelli che ci stanno provando, sono proprio controproducenti. Li trovo tristi, perché quel tipo di ironia a me purtroppo non fa neanche ridere, mi fa solo dispiacere perché c’è gente come te che si impegna, come me, come altri, che cerca di fare…e questi qua arrivano, motivati da cosa? Da due pettegolezzi e cercano di smontare personaggi. Non lo so, a me non fanno simpatia, penso che avranno vita corta, più saliamo noi, più loro… Non bisogna dargli importanza. Ho capito che da quando ho smesso di dargli importanza non mi hanno più toccato.
B: alcuni utenti, tra cui Mista, poi sono andati a rimproverare un po’ gli autori di aver esagerato.
I: sai cosa, a me sono state dette delle cose proprio brutte, personali, mi è stato dato dell’infame. Io ho avuto mio padre che è stato tre anni in galera ed è uscito con l’indulto: sentirmi dire infame fa proprio male al cuore, mi vien da piangere. Se mi dici stronzo ti dico, boh, che forse un po’ è vero, antipatico forse un po’ hai ragione, ma se mi dici infame stai toccando un tasto che non devi. E’ come se io adesso mi mettessi a dire che sei una puttana. Non è carino, tra l’altro non ti conosco, non lo so. Questi qua non mi conoscono, non hanno mai parlato con me. Parlami, giriamo un anno insieme e poi dici di me che sono un infame o quello che pensi. Trovo tristi i ragazzi che fanno queste cose, che fanno della polemica gratuita, li trovo tristi. Poi comunque nel mio MySpace, che è molto visitato, nessuno ha delle critiche negative, perché? Anche quando vado in un forum, come entro io sono tutti amici, quando non ci sono tutti nemici. Perché? Ho un po’ ragionato su questa cosa: secondo me questi ragazzi hanno bisogno di essere visti, hanno bisogno di luce, quindi cercano di crearla in qualsiasi modo.

B: complessivamente, per te è più negativo o positivo l’avvento di Internet e quindi della libertà di espressione e della facilità con cui si può diffondere la propria musica? Domanda banale: era meglio prima o è meglio adesso?
I: trovo che sia bello che ci sia libertà. Era meglio prima, ma non per quello. Era meglio prima perché non si masterizzavano i CD e si lavorava. E’ bello Internet perché c’è libertà di espressione, è bello perché tutti possono dire la loro… E’ brutto che molti ragazzi invece di sbattersi a fare della buona musica perdano intere giornate a parlare di me o di Mista o di chi per noi. Voglio dire, pigliati un beat e mettiti a rappare che è molto più produttivo che stare lì a chattare…

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