Intervista a Gionni Gioielli (26/03/2021)

Se non avete vissuto sotto un sasso nell’ultimo paio d’anni, avrete sicuramente sentito nominare il progetto Make Rap Great Again, giusto? Bene. Era opportuno fare due domande a Gionni Gioielli, capoccia, rapper, producer e quant’altro della realtà suddetta, e noi – complice l’uscita di “Economia & commercio 2” – gliele abbiamo fatte. Al telefono, ovviamente, perché zone rosse, pandemie e cazzivari; però ci siamo fatti due ghigne e ci ha raccontato un po’ di robe belle interessanti…

Lord 216: volevo partire non dall’inizio di M*R*G*A ma dal lontano 2014, perché nel preparare le domande ho cercato un po’ di cose su YouTube e mi sono imbattuto nell’intervista che hai fatto per The Flow quello stesso anno. Era appena uscito “Grano duro”…
Gionni Gioielli: …“Metodo classico”… (ecco, iniziamo subito bene così ci togliamo il pensiero – NdLord)
L: …cazzo, sì, “Metodo classico”! (risate – NdLord) Dicevo, mi ha colpito perché tu in quel periodo eri molto disincantato, tipo sì, ho fatto il disco però non credo ne farò un altro, è stato uno sbatti enorme; e poi nell’arco di due anni hai cacciato fuori 14/15/16 dischi, quanti sono. Insomma, una marea…
GG: eh, ma sono stato quattro anni senza fare niente. Avevo smesso di fare musica, chi mi conosce bene lo sa. Io produco una quantità di musica imbarazzante, cioè l’anno scorso ho fatto tipo duecento basi anche se da settembre/ottobre in poi non ho avuto un granché di tempo per farne. Però intorno al 2015/2016 sono stato proprio anni senza fare niente, avevo smesso di rappare, non avevo proprio più voglia di farlo. Poi mi è tornata perché avevo promesso comunque a quei pochi fan che avevo che avrei fatto questo “Young Bettino story”, che era un disco completamente diverso rispetto a quello che poi è venuto fuori. E niente, a un certo punto è uscito “Daytona” di Pusha, in quel periodo stavo scoprendo anche la roba Griselda, tutta con i sample, e mi è venuta voglia di farlo. E poi è andata così bene, la gente si è pigliata così bene e io mi son trovato così bene con Blo che ho detto vai, ti produco un disco a te, ma continuavo a fare sempre più basi e ho chiamato Lil Pin perché sapevo che oramai Kennedy non produceva più, gli ho detto se vuoi facciamo un disco io e te e niente, ci siamo ritrovati a farne quattordici in due anni e mezzo. E’ stato tutto molto naturale e lo è tutt’ora, nel senso che se domani inizio a sentire un minimo di pressione, un minimo di devo fare, smetto all’istante, perché comunque per me è un divertimento. Non voglio che sia una cosa che mi mette pressioni, che devo viverla come un lavoro… Oh, non voglio parlare troppo, non voglio fare l’asciugone!

L: no, tranquillo! Ma infatti l’impressione che si ha dall’ascolto è che la roba M*R*G*A sia l’upgrade di quello che facevi prima, come ad esempio “Cinque bambole…” mi sembra un proseguimento naturale dei vari “Franciacorta music” (volume uno e volume due)…
GG: esatto! Poi “Cinque bambole…” è un disco che erano due anni che volevo fare, però non avevo mai l’ispirazione. Mi è venuta attorno al 10 luglio scorso e ho detto bon, adesso lo faccio. E l’ho fatto in dieci giorni, scritto, registrato, mixato e buttato fuori, ma l’idea di fare un disco così ce l’avevo da un paio d’anni, dall’estate dopo che è uscito “Young Bettino story”. Ho anche il viaggio che un giorno vorrò fare un disco tutto con sample di roba mega G-Funk, Parliament e roba così. Un giorno mi verrà l’istinto e lo farò in una settimana.

L: infatti era una delle cose che volevo chiederti. Perché nelle tue ispirazioni il G-Funk c’è sempre stato…
GG: beh, “Franciacorta music 2” è già su quella linea lì, però non avevo ancora capito bene come fare le cose. Perché vedi, la gente dice che copio Griselda, ma se ascolti “Franciacorta music 2” vedi che ha già tutti gli elementi della mia musica da “Young Bettino…”. Gli skit, i sample, c’è il pezzo senza batteria… Cioè, non è che copio Griselda, io ascoltavo Roc Marciano, Action Bronson e Curren$y da prima. Semplicemente, Griselda mi ha dato la voglia di rinfrescarla, ecco.

L: appunto, si cita sempre Griselda nelle tue ispirazioni ma è una domanda banale. Io volevo chiederti se ti ricordi come hai scoperto Roc Marciano, qual è la prima cosa che hai ascoltato di suo?
GG: allora, avevo sentito qualcosa di suo ma non ero impazzito totalmente con “Marcberg” e quelle robe lì. Cioè, mi erano piaciute, ma all’epoca ascoltavo ancora tanta roba zarra, la prima Trap alla Rick Ross, la roba di Atlanta che c’era allora, ma allo stesso tempo ascoltavo le robe di Curren$y che comunque faceva anche quello. Quindi Marciano era ancora un po’ lontano, però mi piacevano le robe più sample based, oppure Action Bronson, Smoke DZA, la roba di Harry Fraud mi faceva impazzire…
L: diciamo che c’avevi visto lungo…
GG: per Harry Fraud sono sempre impazzito, mi ricordo ancora “Mac & Cheese – The Appetizer” di French Montana prodotto da Fraud, che è un capolavoro secondo me. Io lo seguo da oramai dieci anni… Quindi le prime cose di Roc Marciano non mi avevano fatto impazzire, dicevo. Poi un giorno è uscito il video, lui aveva fatto due dischi uno dietro l’altro, “Marci Beaucoup” e qualche mese prima “The Pimpire Strikes Back”, con la clip di “Sacrifice”… Ho sentito questo sample (la produzione è di Madlib) e sono impazzito; e poi anche lui, che cazzo stava dicendo?! Una roba megapesa da pappone. E allora da lì mi è partito l’amore e ho iniziato ad ascoltarmi le robe vecchie. In quel periodo stava iniziando ad andare parecchio anche Action Bronson, una roba che mi ha fatto capire proprio che potevo rappare sopra ogni cosa è stato un suo mixtape, “Blue Chips 2” fatto con Party Supplies, a un certo punto lui rappava sopra delle canzoni… “In The Air Tonight” di Phil Collins, ma non era una base, era proprio la canzone e lui ci rappava sopra (era “Sussudio”; perché conosco Phil Collins?! Boh… – NdLord). Griselda invece per me è stato semplicemente il compimento, ecco, questo viaggio qua lo completiamo aggiungendoci la roba proprio Grimey tipo “Eric B”, quel tipo di basi, l’immaginario criminale e fashion… Diceva le stesse cose che a me sono sempre piaciute e le diceva su quelle basi là, era tutto un conto che tornava, diciamo. Sono stato un po’ confusionario ma penso che hai capito il filo…

L: certo, è una cosa che venendo da quegli ascolti ho abbastanza chiara. Poi purtroppo ti trovi ad avere a che fare con gente che ti dice ah, fa quella roba lì perché è uscito Griselda e adesso va di moda quello
GG: mah, sai cos’è? Che comunque sono stato io il primo. Perché un po’ di marketing devi saperlo fare: sono stato il primo a dire Griselda, perché comunque in Italia devi dargli un riferimento, fargli capire cosa stai facendo, sennò non riconoscono una base di RZA da una di Pete Rock. Il 99% delle persone se gli metti una base di Pete Rock e una di RZA, senza mettere quelle più famose, non le distingue, non ti sa riconoscere la differenza. Tanta gente magari dice ah, è uscito il nuovo disco di Method Man e ah, che schifo le produzioni Trap in due frasi diverse, ma poi Method Man ha quelle produzioni là plasticose di merda, per dire. Non se ne rendono conto.

L: e infatti c’è una frase che avevi scritto in un post che mi ha veramente colpito e diceva il problema dell’Italia è che voi siete fan dei rapper e non del Rap
GG: …non è mia, è del Danno!
L: ah sì!? (ero in forma smagliante – ndLord)
GG: sì, è una cosa che il Danno diceva quando io ero ragazzino, poi è tornata fuori qualche anno fa. Hanno fatto uno speciale sull’Hip Hop Village che era andato anche su MTV o su una di quelle TV musicali che c’era all’epoca e c’era un’intervista al Danno in cui diceva questa cosa, ho semplicemente citato lui. E’ vero, comunque, a distanza di venticinque anni rimane una verità incredibile.
L: sì, calza con l’esempio che hai citato di Method Man…
GG: …lui spacca nei featuring. Quello che dicevi con Conway o quello sempre con Conway e Nore… Ma Method Man non ha mai fatto un disco figo in vita sua. A parte “Blackout” che è con Redman e “Tical”… Però se senti “Tical”, dei primi solisti del Wu è il peggiore. Cioè, non puoi paragonarlo con “Ironman”, “…Cuban Linx”, “Liquid Swords”, “Enter” e “Wu-Tang Forever”. Forse solo quello di ODB è peggiore come disco, ad ascoltarlo adesso. C’aveva quelle due hit pazzesche che uno dice vabbè… Che tra l’altro una era un remix perché l’originale non era una hit, quella con Mary J. Blige. Ero riuscito a trovare il CD, lo metto su e c’è la versione con quella base assurda di RZA e ho detto ma che cazzo è ‘sta roba!? (risate, l’abbiamo fatto tutti ‘sto pensiero ai tempi – ndLord) Infatti poi mi ero comprato il singolo con tutti i remix di Puff Daddy e gli altri con Mary J. Blige…

L: ok, però torniamo al presente sennò qui degeneriamo… Un’altra cosa che mi ha colpito: i dischi M*R*G*A sono usciti quasi tutti in periodo di pandemia, che se da una parte ha segato le gambe ai rapper perché non possono suonare, dall’altra li ha aiutati a rimanere focalizzati, stare in studio, scrivere e produrre. Per te è così?
GG: allora, io non so come l’hanno vissuta gli altri, ma vedo che son tutti mega depressi… Quelli che hanno fatto il disco in pandemia hanno fatto tutti il disco della pandemia, che parla della pandemia, tutti hanno voluto parlare della loro depressione; io ti dico: il primo lockdown l’ho vissuto proprio in grazia di Dio. Nel senso che comunque lavoro da casa da sempre, un po’ di riposo mi faceva bene. C’è stato il problema di registrare perché i ragazzi (Rollz e Armani) non avevano lo studio a casa e quindi abbiamo dovuto trovare una maniera per farli registrare… Adesso, poco prima che mi chiamassi tu, mi hanno consegnato la verdura e per me fare la spesa online è stata una delle più belle scoperte del mondo: non perdere un’ora per andare al supermercato e oltretutto trovo anche roba più di qualità…
L: …sì, abbiamo visto le stories di Winelivery… (risate – ndLord)
GG: minchia Winelivery! Comunque ora sta iniziando a rompere i coglioni anche a me, cioè a parte il fatto di suonare, che poi a me non piace suonare dal vivo… O meglio, non è che non mi piace suonare, non mi piace andare a fare il live per trenta/quaranta persone ferme sotto al palco, non fa parte della mia idea di serata divertente. Ho una certa età, non me ne frega niente, magari mi ubriaco e mi metto a fare freestyle in mezzo alla strada coi miei amici, è successo milioni di volte qua a Milano che ci trovassimo fuori da dei locali fighetti io, Noyz, Clementino e altra gente a fare il cerchio e a rappare alle quattro di mattina. A me piace uscire e divertirmi, molto spesso invece capiti in delle situazioni che non sono divertenti, ecco.
L: come il live che siete riusciti a fare qui a Milano, dove Blo presentava “MoMa” e tu “Young Bettino…”.
GG: sì. Guarda, quello è stato il live più triste di tutto il mini-tour che avevamo fatto. Avevamo quattro o cinque date, avevamo fatto Bologna, molto bella, anche a Torino era andata molto bene, poi lì è successa una cosa… Dovevamo fare il live in un altro posto, eravamo già d’accordo ma io non ci volevo andare perché a me non piace andare a suonare nei centri sociali, perché poi dico delle cose che magari mi rompono i coglioni; alla fine salta fuori quest’opportunità di farlo in un altro posto che non è il massimo, un po’ fuori Milano… Insomma, speravamo andasse meglio, è stata abbastanza triste come serata, uno dei live peggiori come riuscita di quella serie di eventi che abbiamo fatto. Mi spiace. Il primo a Bologna è stato uno spettacolo veramente, perché era il posto giusto, c’era l’atmosfera giusta, forse a Milano avevamo un po’ più di aspettativa.

L: paradossalmente, Milano non è una città facile per il Rap…
GG: mah, no. Avendo voluto fare le cose in maniera un po’ più pensata, ragioni, ti metti d’accordo, magari lo fai al Biko che è un posto più adatto, più in centro, è più facilmente raggiungibile, fa sempre quel tipo di eventi e allora riesci a creare una situazione migliore. Ma se vai in un posto in cui quegli eventi li fanno una tantum… C’erano una serie di motivi per cui era prevedibile che non sarebbe andata benissimo, ecco. Ma poi ho risposto alla roba della pandemia oppure ho blaterato puttanate come al solito? (risate – NdLord)
L: no, in realtà sei stato abbastanza chiaro.
GG: perché adesso la sto soffrendo. Da gennaio ad ora la sto soffrendo molto di più, ho proprio voglia di andare fuori la sera, a vedere un concerto, al ristorante, quindi a un certo punto diventa un problema anche avere delle robe da scrivere. Se non vivi hai il problema di non poter raccontare cose. Anche io che racconto una montagna di puttanate nei pezzi, però comunque sono puttanate che fanno parte della mia vita. Cioè, come faccio a dire che prendo e vado al ristorante, mi bevo quattro bottiglie, se non lo faccio?

L: ah, viene bene perché la domanda che volevo farti dopo era proprio questa. La cosa che colpisce molto di tutto il collettivo M*R*G*A è proprio l’attitudine. Diversi modi di rappare, di produrre, ma avete tutti in comune un’attitudine, che è la base del Rap ma in Italia è sempre stata una cosa considerata un po’ poco. E’ sempre passato come più importante altro, sai il messaggio, lo stile, ma l’attitudine meno. Che ne pensi?
GG: sì, è il motivo per cui noi, e parlo non di M*R*G*A ma di AdriaCosta/Micromala, siamo sempre stati un gruppo un po’ difficile da collocare. Nel senso, eravamo troppo di strada per essere Hip-Hop, con enormi problemi in Veneto quando eravamo ragazzini, siamo andati contro tutti per farci rispettare, eravamo troppo underground per essere mainstream, ma avevamo anche dei contenuti che non andavano bene per l’underground, perché siamo della gente a cui non è che piace sempre raccontare la solita favoletta da rapper underground, sempre le solite battaglie in cui non crediamo. Ci ragionavo proprio qualche giorno fa che stavo riascoltando i primi dischi di MC Eith: cioè noi alla fine siamo cresciuti ascoltando west coast, i miei rapper di riferimento come attitudine erano Eith e Ice Cube, che avevano una fierezza di base che in Italia è una cosa che non esiste. Quell’essere fieri… Non saprei come definirtela in maniera diversa. C’era Ice T che nel suo primo libro
L: …“L’opinione di Ice”…
GG: sì, “The Ice Opinion – Who Gives A Fuck?”. L’ho letto a 15 anni e mi ha fottuto la vita. Io ero un quindicenne a cui interessava e lui raccontava appunto di Bon Jovi che era miliardario e si comprava i vestiti da povero, era sempre vestito come uno straccione e poi parlava dei chicanos che prendevano le cose che avevano, magari erano due paia di pantaloni e due camicie, però erano sempre mega stirati, mega precisi, prendevano delle macchine vecchie e le tiravano a lustro… Perché comunque devi prendere la roba che hai tu e farla vedere nella migliore maniera possibile, devi prendere quello che tu sei e renderlo più figo, non quello che è figo secondo gli altri e cercare di ottenerlo, che è quello che fa la maggior parte della gente, la cultura di massa italiana di avere tutti le stesse cose e dimostrare di averle. No, io ho questo e cerco di rendere quello che ho, quello che piace a me, renderlo il più figo possibile in modo che tu possa pensare che è figo.
L: sì, capisco, ma magari per un ragazzino è più difficile fare questo tipo di ragionamento. Cioè vede, che ne so, tutti Off-White e allora deve avere Off-White…
GG: perché, è figo avere Off-White? Cioè, è vero che è figo avere Off-White, ma non è che sei figo perché hai Off-White! E’ figo perché sai che avere Off-White è figo, sai il motivo che lo rende figo e non è perché ce l’hanno tutti gli altri. E’ capire il concetto che sta dietro una cosa che rende figa quella cosa, non che ce l’hai solo perché ce l’hanno tutti gli altri e non sai neanche cosa stai facendo. E’ figo fare il Rap… Perché è figo fare il Rap? Perché è figo fare il Rap, non perché lo stanno facendo tutti gli altri e se lo fanno gli altri è figo. Così sembri un coglione!

L: hai sollevato un’altra questione di cui ti volevo chiedere. Se tu avessi adesso l’età che avevi quando hai iniziato col Rap, inizieresti?
GG: mah, il mondo è così tanto diverso… Una volta il Rap era una cosa che arrivava da un altro pianeta e anche solo per scoprirla dovevi averla cercata. E quando l’ho cercata c’era comunque quella cosa che mi piaceva, avevo 11 anni le prime volte che ho ascoltato Rap perché andavo in skate e ti ricordi che nei video di skate, tipo dell’H-Street o Powell Peralta (erano due company di skate dei primi anni ‘90 – NdLordVecchiodimmerdah) c’erano i pezzi di gente che rappava, c’era “Mistadobalina”, c’erano i De La Soul, quella roba lì, e ho detto beh, comunque è figa ‘sta roba. E da lì ho fatto una ricerca, ho scoperto il G-Funk, ho scoperto “Doggystyle” e là ho detto minchia, ‘sta roba è veramente strafiga! Cioè, io venivo dalla costa, dalle spiagge, quindi aveva un mood che si sposava, ecco, ci stava bene. Vedevo i video di Kid Frost con le Cadillac a L.A. con le palme, avevo trovato una connessione. Adesso non lo so, anche il posto dove sono cresciuto è cambiato e quindi boh, dovrei trovare una connessione col Rap. Se tu mi chiedi troveresti delle connessioni col Rap che esce adesso?, per come sono io ora ti dico boh, probabilmente mi sarei messo ad ascoltare altra musica. Se avessi scoperto il Rap adesso, che è una roba che fanno tutti, probabilmente lo avrei mollato a 14/15 anni, quando sono diventato una persona che cercava qualcosa di diverso. Ma l’ho scoperto a 11, come la Dance, le robe di Albertino, avrei iniziato come tanti che adesso scoprono il Rap a 11 anni come una volta scoprivano la Dance, magari avrei trovato altro Rap più figo o l’avrei mollato.

L: ok. Una cosa che ha a che vedere con l’attitudine (e non molto con la scena italiana) è che fate i nomi…
GG: ma vedi, il punto è che da quando siamo ragazzini, io, Nex, Giamma, abbiamo sempre visto la stragrande maggioranza dei rapper italiani che ci circondavano e che erano anche più grandi di noi, come degli sfigati. Nel senso: noi eravamo dei ragazzi della costa, noi d’estate prendevamo e andavamo nelle discoteche a rimorchiare fighe, vestiti bene, avevamo comunque soldi perché facevamo delle cose, eravamo comunque in un altro viaggio e sentire certi rapper che dicevano certe cose ci deprimeva. Mi piaceva tantissimo Lou X perché eravamo comunque dei rivoluzionari, però sapevamo stare nei due mondi, potevo andare al rave dove c’erano i peggio personaggi strafatti da fare schifo e dopo due giorni andare alla discoteca ultrafighetta tutto vestito bene, sempre con la stessa attitudine.
L: e questo una volta non te lo perdonavano facilmente…
GG: ma noi non abbiamo mai avuto paura di nessuno, facevamo queste cose qua e nessuno poteva dirci un cazzo perché comunque sapevamo rappare bene, avevamo le barre già quando eravamo ragazzini, eravamo comunque delle belve e non eravamo persone che potevi sottomettere. Non è che arrivavi e dicevi ah, voi non potete… Pigliavi due schiaffi, tranquillamente. La gente ha preso tantissimi schiaffi o ha avuto paura di prenderli. Quindi non abbiamo mai ascoltato più di tanto il Rap italiano; cioè, lo ascoltavamo perché in italiano è più facile da capire, ma principalmente ascoltavamo Rap americano. Biggie faceva gli sneak diss, anche senza fare i nomi se la prendeva con Nas, con Jeru, con Raekwon, con Ghostface. Diceva le cose. Per me il Rap è sempre stato quello, i rapper si sono sempre comportati così. Qua in Italia invece c’è sempre stato questo fondo di democristianesimo che aleggia nelle scelte che i rapper prendono, su cosa dire e cosa non dire, se dare o no. Ma vaffanculo, che cazzo ce ne frega, stiamo facendo Rap! E’ proprio una questione di attitudine e gli italiani hanno sempre avuto un’attitudine sbagliata, a partire dalla vecchia scuola fino alla nuova. Sono sempre stati accomunati da questo essere italiani, ecco. E’ una cosa che accomuna tantissimo le nuove generazioni con quelle vecchie, sono identiche, puoi metterle l’una di fronte all’altra e dire ok, stanno facendo robe totalmente diverse, stanno dicendo robe totalmente diverse, ma hanno lo stesso modo di affrontare la cosa.
L: il macrosistema che si rispecchia nel micro. Come nella politica, in tutto.
GG: infatti, alla fine è la stessa cosa. E’ per quello che dico che lo faccio molto più serenamente adesso, anche se non è mai stato il mio lavoro. A 26/27 anni, prima ancora che uscisse “Colpo grosso”, ho deciso di aprire un ristorante e comunque “Colpo grosso” andava in rotazione in TV, avevamo la pagina su MTV, uno poteva anche pensare di provarci, però non c’ho mai creduto perché la musica è una cosa bella, ma se diventa un lavoro spesso rischia di non esserlo più, a meno che non hai la maturità di saper scindere le cose. Anche il sesso è una cosa bella, ma chiedi a una puttana se gli piace scopare… Dipende sempre dal perché fai una cosa: puoi fare la cosa più bella del mondo, ma se la fai perché devi non te la stai più godendo.

L: verissimo. Andiamo verso la conclusione: prossime fasi? (ovviamente non ho chiesto spoiler e se tuttavia fossero usciti degli spoiler voi non li leggereste qui – NdLord)
GG: esce lunedì la deluxe di “Make money like war” di Rollz con un inedito e due remix, uno mio e uno di Cuns. Per i progetti abbiamo delle cose incredibili, non so se andrà tutto in porto ma al momento in lavorazione piena ci sono due producer album, uno di un rapper con un producer e tre dischi di tre rapper, più o meno emergenti, grandi ritorni o gente che uno dice ‘sto qua dove cazzo l’hanno pescato? Almeno quattro di questi conto di farli uscire entro giugno. (il resto della risposta è top secret ma corposa – NdLord)

L: ok, ultima domanda. Immagina di essere all’intervista di The Flow tra cinque anni, con questo che ti chiede ma hai ancora voglia di fare dischi?
GG: mah… Ti dico, la settimana scorsa dopo che è uscito “Economia & commercio 2” ho detto ora mi prendo un anno di pausa perché ne ho proprio voglia, poi però c’ho tante di quelle cose in ballo (tra cui un altro spoilerone – NdLord) che diciamo che sto cercando della gente che mi aiuti a gestire tutto perché comunque io ho un altro lavoro e stare dietro a tutte queste cose qua non è mica facile. Per cui vorrei trovare qualcuno che mi aiuti e magari tra un anno mettermi solo a produrre e fare il Rap; già sto delegando un sacco di cose a Blo/B che mi dà una grossa mano, diciamo che sono stanco ma mi sto divertendo: quando non sarà divertente, mi fermerò.
L: e quindi niente, speriamo continui a divertirsi…

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