Intervista a Danno e Dj Baro @ Power Village – Battipaglia (SA) (09/07/2004)

Bra: cominciamo dal presente, mi descriveresti le tue impressioni sulla situazione attuale della scena Hip-Hop italiana?
Danno: c’è stato un anno, un anno e mezzo di buio. E’ stata una cosa abbastanza seria, perché al di là del calo di vendite e di dischi che non uscivano, c’è stato il fatto che molta gente abbia smesso, per cui non ci sono più gruppi come i Lyricalz, non c’è più Deda, non c’è più Neffa… Insomma, adesso bisognerà un po’ ricostruire tutto dalle ceneri e in un certo senso si sta già facendo ripartire delle cose, senza dimenticare quello che c’è stato.

B: a mio avviso, un grande problema è l’assenza di un vero e proprio ricambio generazionale, tu cosa ne pensi?
D: guarda, ci sono un sacco di gruppi nuovi, ragazzi giovani che producono demo e CD, mi arrivano robe abbastanza regolari. Secondo me ci devono essere tutte e due le cose: i vecchi, o meglio diciamo quelli un po’ più grandi, che continuano insieme ai giovani, perché sennò il problema dell’Hip-Hop italiano è che riparte sempre da capo, non c’è mai memoria storica, una continuità… Non so quanta gente sa davvero cos’ha fatto, non so, uno come Ice One, Next One o Dj Gruff. Magari pensi che Gruff abbia fatto solo l’ultimo disco che hai sentito, invece le persone cambiano, hanno tutto il loro percorso e sono loro stessi a dare una direzione all’Hip-Hop in Italia. Comunque, secondo me è un buon periodo questo, stanno ripartendo un sacco di robe interessanti.

B: allora quale credi sia il motivo che ha portato a questo calo negli ultimi anni?
D: mah…è difficilissimo spiegarlo. E’ stata tipo una bolla, come la New Economy e tutte ‘ste cazzate qua. Nel senso che c’è stato un momento, che poi ha coinciso con le feste di Radio Dee Jay o l’Hip-Hop Mentos, in cui sembrava che dovesse proprio esplodere tutto ai livelli massimi. E poi non è esploso niente, non si capisce perché. Probabilmente, senza parlare di colpe, la responsabilità è in tanti fattori: il pubblico che in Italia è incostante, per cui i ragazzini magari seguono per tre anni e poi diventano Punk perché va di moda quello, diventano ‘n’altra cosa…
Dj Rogo: s’accummincian’ a drogà…
D: eh, perché no, le droghe che uccidono i talenti delle persone. Anche noi che facevamo delle cose e poi chi s’è fermato per un periodo, chi non è riuscito a proporsi a un pubblico più vasto. Prendi ad esempio Esa: ha fatto un percorso che è strano, perché è partito con gli Otierre che comunque era un gruppo adatto benissimo al grande pubblico…
B: …forse inizialmente sì, tipo ai tempi di “Quando meno te l’aspetti”.
D: infatti, poi s’è spostato su Gente Guasta, per un pubblico di appassionati, per poi spostarsi ancora sull’ultimo disco che ha fatto e che è una cosa ancora più chiusa… Per cui tanti fattori messi assieme, probabilmente.
B: infatti non è solo il pubblico che abbandona, ma anche chi fa Hip-Hop da una vita.
D: ma non è che si abbandona… Sai qual è il problema? Io poi parlo del Rap perché ad esempio per i graffiti non c’è stato assolutamente un buio.
B: infatti, se vuoi quello è quasi un movimento che cammina da sé.
D: sì, non c’è stato nessun buio per i graffiti, non c’è stato per il ballo… Anzi, in questi anni si sono fomentate sempre di più le storie sul ballo, tipo in palestra oramai si fa ballo Hip-Hop. Perciò comunque per ballare c’è sempre occasione.
Dj Baro: perché nel ballo non c’è bisogno di commercializzarsi.
D: ma infatti, la break è spettacolare di suo. Tornando al Rap, comunque, secondo me c’è anzitutto un problema in Italia: non sai mai a chi ti rivolgi. Qui si litiga spesso perché c’è quello che dice io voglio fare il Rap d’amore quindi voglio fare i soldi, altri che dicono no, non dobbiamo fare i soldi, dobbiamo fare la musica potente e hardcore, gli altri ancora che dicono dobbiamo fare i soldi con la musica hardcore…per cui è un po’ un’anarchia.

B: secondo me, ad esempio, è assurdo che in Italia si facciano delle etichettature all’interno di un mercato così ristretto, che è più spaccio a mano che altro. Come si fa a parlare di divisioni così nette?
D: ma il problema è che in Italia non c’è stata una vera crescita continua, per cui i ragazzini che cominciano ora sono bombardati dalle informazioni che gli arrivano da fanzine, riviste e video musicali. Se ci pensi bene, mentre dieci anni fa in Italia arrivavano dieci dischi ed eravamo tutti d’accordo che quei dischi erano belli, adesso ne arrivano mille e magari di quei mille a me ne piacciono trenta, a te altri trenta…per cui si litiga pure su quello: chi dice 50 Cent è il meglio, chi dice no, è una merda e allora poi ci sarà il rapper italiano che si ispira a una cosa e chi odia quella cosa ce l’avrà pure con la roba di ‘sto tipo… Insomma, è proprio l’Italia che è un paese assurdo, è davvero la Repubblica delle banane…
B: siamo riusciti a parlare di east e west in Italia, che a me sembra abbastanza paradossale.
DjB: ma è un discorso sbagliato, perché non esistono più tutte ‘ste differenze. Si parla solo di musicalità e se una cosa musicalmente è valida, c’è poco da essere contro, punto. Generalmente, non si deve giudicare ed etichettare chi comunque segue una cosa o un’altra, anzi si dovrebbe seguire tutto perché ad esempio in America dopo il fenomeno dell’underground si è avuto un MF Doom che fa un disco che vende, non so, duecentomila copie, quindi la differenza è sottile. Il mercato americano è un’altra cosa, inutile star lì a guardarlo.

B: parlando invece del Colle, la produzione è ferma o no?
D: stiamo già registrando e speriamo di finire quest’estate la maggior parte del lavoro. Se ce la facciamo usciamo anche con un singolo. Cerchiamo di fare roba bella tirata, comunque che abbia una certa atmosfera.
B: chi produce?
D: per ora le basi le stiamo facendo io, Baro e Mr. Phil, un giovane produttore di cui sentirete molto parlare, ora ha fatto il disco di Cina ma ha prodotto anche per gente americana e sta facendo un pezzo con Jeru.
B: quando dovrebbe uscire, allora?
D: mah, non so ancora bene. Abbiamo un bel po’ di pezzi, però ancora non è pronto.

B: voi avete sempre avuto pause piuttosto lunghe, tra un disco e l’altro.
D: sicuramente mi sarebbe piaciuto fare un disco ben prima di adesso, però dopo “Scienza doppia h” metti che senza Ice One c’è mancato uno studio e soprattutto uno come lui che faceva cinque beat nuovi a settimana e tutti di un certo livello, era comunque parte del gruppo, per cui si parlava in tre, le canzoni nascevano in tre. Non è che Sebi facesse un beat e basta, era un processo collettivo e quindi c’è venuto a mancare un elemento del gruppo con cui proprio ritrovarci, discutere, perciò abbiamo faticato un po’ a trovare una situazione adeguata.
FuSo: come mai quest’allontanamento?
D: vari motivi… Da una parte progetti musicali diversi, Sebi ha iniziato a lavorare con Assalti, s’è fatto il suo viaggio come Dj Sensei, poi Malaisa e comunque le sue cose musicali e tutto il resto. Poi sai, è proprio umanamente che non ci siamo più trovati a lavorare insieme.

B: invece, in generale, a Roma com’è la situazione? Noi siamo stati al concerto dei Non Phixion, di GZA, di RZA e abbiamo visto che comunque ci sono tantissimo ragazzi che si muovono, non solo come pubblico ma anche come gente che lavora, che si impegna.
D: Roma è viva, ha un sacco di realtà e ci trovi davvero di tutto, dal gruppo hardcore a quello super commerciale. Poi, sinceramente, è un periodo in cui frequento poco la scena perché preferisco stare un po’ coi miei, nel senso che ho smesso di andare a tutte le jam, a tutte le serate. Se c’è una cosa che m’interessa, ci vado senza problemi, non è che non frequento, però anche la vita personale ti porta a scegliere, cominci a lavorare e hai tempi diversi e infatti anche questo ha influenzato il disco.
B: anche perché con l’Hip-Hop, in Italia, non ci campi…
D: no, è sicuro. Poi comunque non facevamo tanti dischi, noi… Anche se qualcuno magari il suo l’ha avuto, tipo, che so, i Sottotono.
B: ma è comunque un giro diverso, se vuoi anche un pubblico diverso.
D: anche. Comunque guarda che non è con i dischi che campi, ma coi live, quella è la prima cosa. Coi dischi, soldi non ne vedi a meno che non sei gli Articolo e vendi da centomila copie in su.
B: quindi credo sia importante mantenere un contatto con la gente, la soddisfazione di stare su un palco è un’altra cosa.
D: guarda, per me un disco è una scusa per fare i concerti. Nel senso che poi a me le canzoni piace cantarle dal vivo, mi piace interpretarle dal vivo. Anche perché in studio, non dico chiunque, ma c’è gente che può diventare bravissima perché c’ha tutto il tempo che vuole. Dal vivo invece sei grezzo, hai tutti i tuoi difetti e tutti i tuoi punti di forza e alla gente se piaci, piaci per quello, gli piaci te con tutti i tuoi sbagli e tutti i tuoi colpi messi a segno.
B: ma il pezzo, quando lo scrivi, non nasce mica solo come un pretesto? Comunque c’è un discorso personale, dietro.
D: sì, c’è del personale, ma io mi accorgo che spesso scrivo pensando anche a quando poi lo farò dal vivo. Tipo per le cose che ho scritto ultimamente ho cambiato un po’ modalità, ho messo più pause ad esempio proprio perché mi sono reso conto che certe cose che in studio riuscivo a fare, dal vivo venivano diversamente. La gente deve anche capire ciò che dici, per cui una pausa messa al punto giusto dà più peso a quella frase, invece le corse, le raffiche, fanno molta scena ma la gente resta stordita e non so quanto capisca quello che effettivamente hai detto.

B: per quel che riguarda l’Hip-Hop americano, invece, vi tenete particolarmente aggiornati?
D: lo dico, è un mio difetto ma ascolto quasi esclusivamente roba americana. Non ascolto quasi mai la roba italiana se non con un ascolto veloce, perché non voglio esserne influenzato, non voglio che mi rimangano le frasi degli altri in testa. La ascolto, però, per capire cosa sta succedendo, ci sono dei dischi, ad esempio Kaos, 13 Bastardi, Turi, che ascolto, me li metto proprio in macchina e mi ci appassiono.
B: sembra quasi una questione di rispetto per alcuni esponenti.
D: un po’ sì, in fondo è la mia generazione.

B: e Dj Baro, invece, ora in cos’è impegnato?
DjB: guarda, oltre alla produzione del disco del Colle, al momento faccio un dj set assieme a Simone (il Danno, ndBra) e suono molto per conto mio in un locale a Roma. Mi dedico a questo, mi piace avvicinarmi al pubblico direttamente così. Progetti per così dire individuali per ora no, diciamo che sto cercando di aiutare loro e di concentrarmi bene su quello che faccio.
D: siccome ce l’hai chiesto, comunque, di roba americana posso dirti che Jaylib e Madvillain sono i due dischi dell’anno. Anzi, mi faccio pure pubblicità perché ti dico che ho fatto il mio primo mixtape, lo sto finendo, devo solo inserire alcune voci, l’ho fatto proprio per dire oh, c’ho un po’ di pezzi che mi piacciono e voglio farli ascoltare alla gente. Pezzi anche abbastanza conosciuti, non sono andato a cercare proprio delle cose assurde.
B: è tutto americano?
D: no, ci sono anche delle cose inedite nostre, prima o poi uscirà, per cui appizzate l’orecchio… Lo spaccio sarà a mano, a parte probabilmente Vibra e qualche altro negozio.

B: Dj Baro invece sull’Hip-Hop d’oltreoceano cos’ha da dire?
DjB: io non ho troppi limiti, ascolto davvero di tutto. Ti stupirebbe ascoltarmi, perché passo da una cosa all’altra. Se avete visto la serata di GZA, ho fatto un dj set con Dj Stile, è una cosa che portiamo in giro per l’Italia e suoniamo cose da fine anni ’80 a metà ’90, quindi è tutta roba un po’ particolare ed è quella che preferisco. In fondo, se ascolto un tape ti dico che ascolto tutta roba di quegli anni.
B: anche perché magari è la roba con cui sei cresciuto.
DjB: massì, è la golden age, tipo EPMD del ’93/’94, Keith Murray degli inizi, il Wu-Tang Clan, il primo Jay-Z…
D: secondo me è stato l’ultimo periodo, fino al ’96/’97. Poi sono arrivati proprio i grossi soldi, ma davvero grossi grossi soldi…
DjB: comunque sento anche roba moderna, tipo Kanye West che fa delle cose più leggere ma è un mostro.
D: ma io capisco anche chi si sente 50 Cent, in fondo in un club i suoi pezzi funzionano, non mi dà fastidio. L’unica cosa è che ascoltando ‘sta musica da più di dieci anni ho quel qualcosa in più per dire oh, 50 appare figo ma non aggiunge nulla di nuovo, è l’ennesimo clone di 2Pac e Biggie mischiati assieme. Per cui non sono oltranzista nel dire che è commerciale, non me ne frega un cazzo di ‘sti discorsi. Magari “In Da Club” è un bel pezzo, però io non vado in fissa per lui come rapper, non mi compro i suoi dischi e non m’interessa come personaggio. Ad esempio compro invece a scatola chiusa qualsiasi disco che esce di Masta Ace, perché mi piace proprio come personaggio, perché fa dei ragionamenti, lui nei dischi parla di come cambia il Rap, delle nuove generazioni, cerca di dirgli che qui le cose sono cambiate in una certa maniera ma altre non sono cambiate affatto, ha la consapevolezza di chi dice le cose con una certa saggezza.
B: forse è proprio perché Masta Ace rimane legato a un certo periodo.
D: no, forse è che proprio ci sono affezionato io… Per esempio, Keith Murray è uno che può fare anche un disco brutto come l’ultimo, però rimane tra i miei mc’s preferiti. Tornando ad Ace, diciamo che io gli riconosco un’utilità, i suoi dischi dovrebbero ascoltarli tutti i rapper in America perché dice delle verità sul gioco del Rap filtrate da uno che c’è dai primissimi tempi, visto che partì su “The Symphony” di Marley Marl e ha conosciuto alti e bassi di questa cosa senza perdere l’equilibrio, non è sparito pur non arrivando mai al successo. E’ uno onesto, basta leggersi i testi. Prendi anche i Roots, a me piacciono proprio come artisti e tra dieci anni io li considererò come uno di cinquanta anni appassionato di Funk considera i Kool & The Gang. Degli innovatori, insomma. Se li ascolti ti accorgi che il loro primo obiettivo è fare bella musica, non diventare ricchi da un giorno all’altro. Questi personaggi tipo 50 Cent invece magari hanno talento, però si sente troppo che una cosa la fanno per diventare ricchi: è successo fine a se stesso. Mentre c’è chi si sacrifica e fa dei passi piccoli, come i Roots, che all’inizio non se li inculava nessuno ed è al quarto disco che sono riusciti ad avere il successo vero.
B: intendi con “You Got Me”?
D: infatti. Ecco, loro sono credibili, hanno un passato.
DjB: in fondo, c’è differenza tra un prodotto commerciale di Redman, che ha un background con le palle, e di uno che esce senza che l’hai mai sentito prima e lancia subito il pezzo da club.
D: ma sai, anche il discorso del club è complesso, perché sono usciti dei pezzi così magari bellissimi. Il problema è che ci sono altri pezzi da club, ma anche hardcore, che fanno proprio schifo. Alcune cose moderne rasentano la Techno. Per dirti: il pezzo di Usher è ballabile, ma c’ha dei suoni che sembra la roba di Albertino di sei anni fa, per cui mi piglia un po’ male perché prima il Rap prendeva molto più dal Soul, dal Jazz, era più caldo. Ma c’è ancora chi invece, come Madlib ad esempio, fonde tutto, anche robe nuove tipo in Jaylib che ci sono synth e cose assurde.
DjB: è una via di mezzo, Madlib si avvicina a sonorità più cupe e fa il suo effetto, lo stesso Kanye West si avvicina a un prodotto più per tutti, però lo fa con dignità.
B: è un po’ mostrare il proprio amore per alcune sonorità, tipo Kanye cita di continuo Chaka Khan…
DjB: esatto, ma va al di là del campionamento, perché a me ad esempio il campione portato a 45 giri non piace più di tanto, però poi quando lo ascolti in generale ti fa avvicinare a certe cose, ti fa davvero cantare una cosa che altrimenti non avresti mai cantato.
D: io ne parlavo spesso con Dee Mo’. E’ una cosa che noi non riusciamo a percepire, in America magari utilizzano un campione perché comunque resta una canzone che ascoltavano da bambini, tipo il disco nuovo di Ghostface è un tributo a tutta la musica Soul e Funk, lui addirittura canta dei pezzi interi, magari tu pensi che è da matti, invece è un tributo, perché riesce a far conoscere ai pischelli la musica nera degli anni ’70.

B: questo è un discorso che la gente che non ama l’Hip-Hop non capisce, per chi ne sta fuori un produttore non fa altro che prendere un campione e portarlo in loop.
D: ma infatti non è solo un omaggio, è un discorso molto particolare. Per esempio io ho una certa avversione per tutto ciò che è chitarra elettrica e il rockettaro mi dice ma come, non capisci la bellezza della chitarra elettrica?, ma io non capisco lui e lui non capirà mai il loop. Io sto cercando di levarmi qualsiasi barriera mentale, se una cosa mi suona bene e mi piace, la ascolto, ma mi piace comunque andare oltre, voglio anche capire chi è che ha fatto quella cosa, quant’è credibile, che percorso ha fatto, perché se un’artista lo segui, capirai meglio perché fa alcune cose. Se prendi “Fantastic Damage” di El-P e non hai mai sentito nulla di suo, è probabile che levi il disco al terzo pezzo, se però sai che è partito coi Company Flow, allora capisci anche che direzione ha preso. Ma questo vuol dire comunque avere passione per la musica, mentre per un sacco di gente la musica è infilare un CD qualsiasi e sentirlo, basta.
B: in fondo è una questione di emozioni, un pezzo deve prenderti in maniera spontanea, senza tanti ragionamenti.
D: certo, poi sai i nomi sono tanti e non è che puoi seguire tutto… (intanto Dj Baro e FuSo cominciano a disquisire per i fatti loro su RJD2 – ndB)

B: tu noti qualche differenza tra le produzioni italiane e quelle americane?
D: non si può considerare in maniera unica la produzione italiana. Ad esempio Bassi è uno che fa delle bellissime cose, ma secondo me troppo smaccatamente americane, o anche Dj Shocca che ha fatto grandi cose. Magari gli si sentono molto le fonti d’ispirazione, ma di sicuro si sentiranno anche a me. Diciamo che c’è tutto un tipo di b-boy che in Italia sono proprio iperinformati, leggono tutti i siti, le fanzine, le riviste, perfino a livello di moda e di abbigliamento. Io ci sto un po’ meno dietro perché non m’interessa, non voglio essere il fan del Rap a tutti i costi, a me piace seguire quelli che considero i mezzi geni. Quando esce uno come Madlib, me lo seguo perché capisco che vuole infrangere delle regole e per me il Rap è stato sempre infrangere delle regole. Ad alcuni sembrerà stupido, ma sono partito con Public Enemy e Run-DMC che infrangevano davvero la musica di allora. Dunque nell’Hip-Hop ho sempre seguito chi faceva ‘ste cose: i De La Soul l’hanno fatto, il Wu-Tang l’ha fatto, pure i Mobb Deep coi primi due dischi, anche se ora non infrangono più nulla. E quindi ancora oggi cerco sempre quello che fa la differenza, mi da un po’ fastidio la roba troppo standardizzata. Tipo Jay-Z è di sicuro uno dei rapper più bravi del pianeta, ma non m’interessa perché non fa nulla di nuovo, anche se poi magari ci stai in fissa per alcuni suoi pezzi.
B: tipo con “99 Problems” ha fatto qualcosa di davvero bello, anche se lì c’è il tocco di Rick Rubin.
D: ah, quello è bellissimo! Il video è ‘na bomba e anzi ti dico che “99 Problems” l’ho messo pure nel tape di cui ti parlavo prima, forse proprio perché mi ricordava molto “Licensed To Ill”. Altro esempio: per me i Beastie Boys sono da dieci e lode, tra i miei gruppi preferiti di sempre, hanno quarant’anni e continuano a fare le loro cose senza aver mai cambiato stile.
DjB: i Beastie Boys sono unici, lo fanno proprio come non lo sa fare nessuno.
D: sì, è uno di quei gruppi di cui compri il disco a scatola chiusa.
B: come per il Colle, di cui compreremo sicuramente il disco nuovo a scatola chiusa…