Hyst – Mantra

Il sostantivo mantra deriva dall’insieme di due termini: il verbo sanscrito man (VIII classe, nella sua accezione di pensare, da cui manas: pensiero, mente, intelletto, ma anche principio spirituale o respiro, anima vivente) unito al suffisso tra, che corrisponde all’aggettivo sanscrito kṛt (che compie, che agisce) – fonte: Wikipedia. Cos’è, dunque, un mantra? Mantra è un pensiero in vista di qualcosa, una preghiera tesa all’azione. E qual è quello di Hyst? Ce lo dice lui stesso in “Hi-fi”: <<resta vero, resta vero, resta vero e canta/è il mio mantra>>. A partire da questa formula si dipana tutto il nuovo album del rapper romano.

Hyst rappa e canta, tra le altre cose, del suo modo di approcciarsi alla scrittura (“Adesso scrivo”), delle sue frustrazioni (“Adesso parlo”, “Non mi tengo niente”), del rapporto coi fan (appunto “Hi-fi”), dei rapporti sentimentali (“Quando è finita”, “L’arte di essere felici”), non risparmiandosi comunque i momenti graffianti (<<nel 2013 ancora il Rap di soldi e puttane/io vorrei credere ai testi, ma poi guardo chi li dice/tutti quei dischi, quei video, quelle rime buttate/e ora mi tocca sentire che manco sei felice>> – sempre in “Hi-fi”) e i brani spacconi come “Fuck your party” e “Anthem”. L’enorme pregio dell’artista è quello di riuscire a miscelare contenuti (quasi) sempre interessanti e stimolanti a una scrittura ricercata ma non pomposa, adoperando un vasto vocabolario senza risultare innaturale. Per gusto personale, si tratta di uno degli mc’s più piacevoli da ascoltare (voce, timbrica, parole) in Italia. E se poi sceglie produzioni (alcune delle quali co-firmate da lui medesimo) una più bella dell’altra, siamo a cavallo. La tripletta iniziale, gentile concessione di Big Joe, Fid Mella (sempre sia lodato) e Gheesa, più la doppietta finale (Res Nullius e Dj Dust) e “Smettiamo un po’” (diciamo grazie anche a Kavah) sono di una bellezza spaventosa.

Per quanto se ne possa parlar bene, tuttavia, “Mantra” non è un disco perfetto. Alcuni brani, tra tutti “Anthem” e “Fuck your party”, spaccano il mood generale in maniera troppo radicale per essere realmente apprezzabili (tenendo presente, ovviamente, il disco nella sua interezza). I featuring, poi, si rivelano deboli, non legando un granché con lo stile di Hyst: tenendo da parte l’eccezione di Willie Peyote (non ne sbaglia più una), nessuno degli ospiti riesce a fornire quella qualità che invece il padrone di casa non fa mai mancare. Il difetto maggiore, però, è un altro e riguarda l’eccessiva autoreferenzialità dei testi (basta anche solo leggere la tracklist per rendersene conto). Ora, rappare praticamente sempre in prima persona – il continuo io questo… e io quell’altro… – non è necessariamente un problema, ma anche quando l’intento è alto (come in “Cassandra”, forse la traccia più bella dell’album) la sensazione che si tratti di una gratuita autocelebrazione non scompare.

Agli ascoltatori decidere se e quanto ciò possa influenzare la riuscita del progetto nel suo insieme; a mio giudizio, l’ascolto di “Mantra” è comunque da consigliare a chiunque cerchi un lavoro maturo, scritto alla grande e musicalmente inattaccabile.

Tracklist

Hyst – Mantra (Macro Beats Records 2014)

  1. Adesso scrivo
  2. Adesso parlo
  3. Hi-fi
  4. Quando è finita
  5. Essere o non essere [Feat. Musteeno e Willie Peyote]
  6. Non mi tengo niente
  7. L’arte di essere felici
  8. Fuck your party [Feat. Jesto e Egreen]
  9. Smettiamo un po’
  10. Anthem [Feat. Kiave e Mistaman]
  11. Sempre
  12. Cassandra

Beatz

  • Big Joe: 1
  • Fid Mella: 2
  • Gheesa: 3
  • Dj Dust: 4
  • Jason Rader: 5
  • Res Nullius e Hyst: 6
  • Amon e Hyst: 7, 10
  • Turi: 8
  • Kavah: 9
  • Res Nullius: 11
  • Dj Dust e Hyst: 12
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