Fabri Fibra – Guerra e pace

Avevo in testa una minuziosa premessa; un po’ lunga per la verità, ma necessaria, perché di “Guerra e pace” si sprecano già letture di ogni genere e il rischio di essere fraintesi è più che probabile. Mi sembra facesse riferimento all’uso improprio del termine mainstream, ai giudizi erroneamente basati sui dati di vendita invece che sull’identità artistica, alle simpatie e alle antipatie spacciate per argomenti, all’aleatorietà delle definizioni e alla prevedibilità delle disamine (da meglio gli Uomini di Mare a l’Hip-Hop evolve).

Tutto ciò avrebbe dovuto chiarire che non essere tra quanti puntualmente si sperticano in lodi per il signor Tarducci non equivale a ritenere l’mc italiano di maggior successo (dato inopinabile) un venduto, un incoerente o addirittura peggio. Nel frattempo, però, ho ascoltato “Guerra e pace” a lungo e con la dovuta accortezza, arrivando a concludere che non si tratta di un disco prossimo al Pop, bensì di un progetto strettamente Pop – e lo dico nella più neutra delle accezioni possibili. Se il presupposto è questo, il discorso assume tratti molto peculiari che hanno poco o nulla a che vedere con le solite riflessioni spese per l’Hip-Hop italiano: che peso dare alla tecnica e ai beat? Come interpretare la frammentarietà di un sound che passa dagli Organized Noize di “Bisogna scrivere” ai J.U.S.T.I.C.E. League di “Centoquindici”? Quali paralleli cogliere rispetto a un duemiladodici ricco di uscite significative? Ammetto senza alcun imbarazzo di non aver trovato risposte esaurienti.

Il settimo album solista di Fabri Fibra è un’operazione a sé, finalmente esplicita nel prendere le distanze dall’Hip-Hop e capace di settare le nuove direzioni cui tenderà la produzione mainstream dei prossimi mesi; azzardando, direi che “Guerra e pace” pone l’mc in una dimensione che, piaccia o meno, gli è congeniale, trovando un equilibrio che l’esperienza Universal aveva finora mancato. Slogan qualunquisti e introspezioni inattese, pause ricorrenti e improvvisi extrabeat, perifrasi, neologismi e invenzioni metriche, citazioni colte e freddure patetiche; è la cultura di massa che fagocita l’Hip-Hop e ne risputa versioni edulcorate da sottoporre agli Amici di Maria De Filippi, motivetti che canticchiano anche i più piccini (Rockol lo sottolinea addirittura come un possibile pregio), suonerie per i cellulari e pezzi da ballare in pista, ma che, in presenza di un talento spesso soffocato sotto tutto ciò, è comunque in grado di veicolare metafore, stati d’animo, ossessioni, temi impellenti (il bisogno di raccontarsi, il confronto con Dio, l’isolamento dell’artista, la morte, le contraddizioni di una nazione bloccata) e un’originalità che non è mai stata messa in discussione.

Quindi? Quindi niente, l’esordio al primo posto nella classifica ufficiale FIMI è un dato di fatto, la notorietà è immensa, la capacità di reinventarsi è lampante (<<amatoriali che provano a rifarlo/come siti porno, tutti uguali>>). Resta la soggettività dei gusti e delle impressioni, ragion per cui mi permetto di dire che un dissing contro Valerio Scanu mi trova del tutto disinteressato (peccato: liricamente “A me di te” è una manata), che il Rap sulla musica Dance mi fa venire l’orticaria (propongo un confronto tra “Pronti, partenza, via!” e “Can’t Get You Out Of My Head” di Kylie Minogue; qualche vaga somiglianza, riducendo i bpm, c’è…), che gli effetti orripilanti sulle voci e i refrain martellanti non li digerisco neppure con dosi massicce di Brioschi, che la tanto decantata riflessione sociale e politica a volte è schietta e urgente (“Che tempi”, la titletrack), altre è di una banalità sconcertante (<<Monti via/Monti via>>).

Questa disparità di risultati si manifesta nei featuring (ottimo quello di Al Castellana, pacchianissimo quello di Elisa), nell’abbandono radicale del mood Hip-Hop in favore di sonorità a volte compatibili col Rap di FF (Medeline e Amadeus centrano i compromessi migliori), a volte meno (la Dubstep di “Frank Sinatra” è timida e forzata), più in generale riuscendo a sorprendere talvolta in positivo (“Voce”, “Raggi laser”) e più sovente in negativo (“Non credo ai media”, “Alta vendita”, “Ring ring”); ed è appunto questo il tratto più marcatamente Pop di “Guerra e pace”, ovvero la non appartenenza a un genere specifico e la conseguente capacità di comunicare con un pubblico quanto più ampio ed eterogeneo possibile. Stabilire se sia un bene o un male è abbastanza complicato e non influisce affatto sull’unica conclusione cui giungere, cioè che Fabri Fibra <<non passa mai di moda, come la figa>>.

Tracklist

Fabri Fibra – Guerra e pace (Universal Music Italia 2013)

  1. 2031 (intro)
  2. Bisogna scrivere
  3. Voce
  4. Che tempi [Feat. Al Castellana]
  5. Pronti, partenza, via!
  6. A me di te
  7. Non correre
  8. Tutto in un giorno
  9. La solitudine dei numeri uno
  10. Panico [Feat. Neffa]
  11. Frank Sinatra
  12. Raggi laser
  13. Nemico pubblico
  14. Non credo ai media
  15. Guerra e pace
  16. Alta vendita
  17. Centoquindici
  18. Ring ring
  19. Dagli sbagli si impara [Feat. Elisa]

Beatz

  • Michele Canova Iorfida: 1, 5
  • Organized Noize con la co-produzione di Michele Canova Iorfida: 2, 19
  • Adam Deitch e Eric Krasno (Fyre Dept.): 3, 12
  • Medeline: 4
  • Lee Major: 6
  • C65 con la co-produzione di Michele Canova Iorfida: 7, 11
  • C65: 8
  • Dot Da Genius e Woodro Skillson con la co-produzione di Michele Canova Iorfida: 9
  • Neffa: 10
  • Dot Da Genius e Woodro Skillson: 13, 16
  • Rob Holladay e Mr. Franks: 14
  • Antwan “Amadeus” Thompson con la co-produzione di Michele Canova Iorfida: 15
  • J.U.S.T.I.C.E. League con la co-produzione di Michele Canova Iorfida: 17
  • Agent X con la co-produzione di Michele Canova Iorfida: 18

Scratch

  • Dj Double S: 9