Dj FastCut – Dead poets
All’appassionato incallito di Hip-Hop italiano il nome Dj FastCut non suonerà affatto nuovo, a tutti gli altri qualche coordinata aggiuntiva potrebbe invece tornare utile: romano, classe ‘86, Valerio si è fatto notare già una decina d’anni fa col suo gruppo d’esordio, i Carbonara Team, poi con Gli Inquilini nella loro ultima sortita, segue un numero via via crescente di apparizioni sia alle macchine che ai piatti, affiancando ad esempio Lord Madness, Egreen, Oyoshe e Kenzie Kenzei, fino alla nascita del trio GuastaF3st3 che lo vede tuttora in attività con Sgravo e Mr Mine. “Dead poets” è di conseguenza il primo disco che ha per protagonista il produttore, il quale chiama a raccolta un ricco parterre di ospiti al cui interno si notano diversi pesi massimi (Danno, Musteeno, Moder, Kento), una manciata di voci anglofone (addirittura Rock degli Heltah Skeltah!) e i suoi collaboratori più fidati; in totale abbiamo una trentina di mc’s, un potenziale lirico di tutto rispetto e una discreta copertura del territorio nazionale (Roma, Bologna e Torino le realtà meglio rappresentate).
Chiariamo subito un punto: il riferimento al film “L’attimo fuggente”, citato nel titolo stesso e nei vari dialoghi estratti, non è altro che un omaggio, un fil rouge, un elemento di continuità posto al servizio di una tracklist che, pur con qualche (gradita) eccezione, pende con decisione verso l’intrattenimento – e va bene così. “Dead poets” è infatti un producer album in senso stretto e rispecchia l’andamento di una jam coi microfoni aperti: il dj lancia i beat, i rapper recitano i loro versi, le routine ai piatti si sostituiscono ai refrain. Va da sé che si tratta di una sintesi da declinare con ulteriore dettaglio nei cinquantuno minuti di durata, come detto caratterizzati da momenti di puro ego tripping e parentesi più riflessive; anzitutto, però, tocca esaminare con attenzione le strumentali di FastCut.
Il timbro è decisamente classico e richiama molto l’hardcore statunitense, preferendo delle composizioni abbastanza lineari al sampling più sfrenato: campioni tagliati su misure brevi, spesso abbinati secondo uno schema che alterna un elemento melodico posto all’inizio del pattern e dei pianoforti a scandire la sezione ritmica (da “Poeti estinti” e “Odia gli indifferenti” a “La morte dei poeti”, “Heavy artillery” e “Carpe diem”), batterie adeguate all’energia complessiva e un ottimo lavoro su equalizzazioni e volumi sono i tratti principali di una prova che va dritta al sodo, senza ambire a raffinatezze ed estrosità che qui sarebbero di troppo. Si tratta, in altre parole, di un tessuto musicale abilmente intrecciato affinché “Dead poets” massimizzi le differenti combinazioni che si susseguono, ciascuna selezionata con cura; in questo senso, “Poeti estinti” è un biglietto da visita a dir poco invitante per non figurare a ridosso dell’introduzione: avere il Danno e Rancore sulla stessa traccia è un po’ come festeggiare il compleanno ogni giorno, aggiungi Rock, Mic Handz e un beat che mette a repentaglio i subwoofer dello stereo e il gioco è fatto.
A un’apertura tanto scoppiettante è difficile tenere testa, ma le sorprese non sono certo terminate: “Odia gli indifferenti”, con Principe e Kento, è un pezzo potentissimo; “La predica” vira più sull’ironia e indovina l’ennesima suggestione quando incrocia due figure in apparenza distanti come Willie Peyote e Musteeno; discorso opposto per Moder, Brenno e Kyodo, sulla cui intesa non avevamo dubbi, idem per Mattak, Sgravo e Lord Madness. A proposito di Maddy, è suo l’unico brano solista, “Vena polemica”, irriverente, sboccato ed esagerato esattamente quanto basta – anche se Claver Gold nella conclusiva “Per non guardare indietro” si aggiudica due strofe contro le otto barre di Murubutu.
Il resto soddisferà la maggior parte dei palati mandando a segno una fitta pioggia di punchline (“In Rap veritas”, “La morte dei poeti”, “Heavy artillery”) e se nell’insieme non è escluso che qualche rima risulti meno fresca o il sound presenti delle piccole ripetizioni, è comunque vero che si rimane nel novero dei possibili difetti congeniti insiti nel formato compilation, dunque il succo del discorso non cambia. “Dead poets” è un’operazione riuscita e ha il merito di fotografare una scena underground in buona salute: chi ha nostalgia dell’Hip-Hop nelle sue formule tradizionali con Dj FastCut (e la sua setta dei poeti estinti) si sentirà a casa propria.
Tracklist
Dj FastCut – Dead poets (Glory Hole Records 2016)
- Intro (introduce Bassi Maestro)
- Poeti estinti [Feat. Danno, Rancore, Rockness Monstah e Mic Handz]
- Vena polemica [Feat. Lord Madness]
- In Rap veritas [Feat. Wild Cyraz, KappaO e Virux]
- La predica [Feat. File Toy, Willie Peyote, Freddie Key e Musteeno]
- Il verso [Feat. Mask, William Pascal e Wiser]
- Odia gli indifferenti [Feat. Principe e Kento]
- La morte dei poeti [Feat. Warez, Wiser e Mr Mine]
- Rap golpe [Feat. Mattak, Sgravo e Lord Madness]
- Non ti preoccupare [Feat. Zampa e Claver Gold]
- Carpe diem [Feat. Moder, Brenno e Kyodo]
- Heavy artillery [Feat. Suarez, Er Costa e N.B.S.]
- Stand up [Feat. GuastaF3st3]
- Trickadvisor [Feat. StarTrick (Johnny Roy e Kenzie)]
- Per non guardare indietro [Feat. Claver Gold, V’aniss e Murubutu]
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Bra

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