Dillon & Paten Locke – Rations

Voto: 4

La vita, si sa, a volte riserva sorprese improvvise e soprattutto tristi. Così, sono trascorsi ben nove anni tra l’inizio della lavorazione e la realizzazione effettiva di “Rations“, un album che, negli intenti di Dillon e Paten Locke, doveva essere il prosieguo del medesimo solco metaforico usato per le loro uscite precedenti, accomunate da un parallelo tra cibo ed esistenza. Il titolo, infatti, introduceva a nuovi temi legati alla sopravvivenza, a un modo di condurre la propria vita legato alle piccole soddisfazioni, muovendosi in un sottobosco fitto e fraterno composto da vari nomi estratti dalla poco nota scena Hip-Hop di Jacksonville, come pure dalla più conosciuta Atlanta, formando una realtà stretta dall’affinità artistica, dall’amicizia, dalla capacità di reggere il confronto col palco, nonché legati dall’avere a turno abbinato quei nomi a progetti condotti dal grande talento di Paten Locke. A lui, precedentemente noto come Dj Therapy, sono riconducibili operazioni come gli Asamov, con Willie Evans Jr., Ja-One-Da e Dj Basic; quindi The Smile Rays, assieme al produttore Batsauce e alla vocalist – nonché moglie – Lady Daisey; infine, una proficua collaborazione con Dillon Maurer, mc caucasico dal look anticonvenzionale con la passione per la cucina, assieme al quale aveva poi fondato l’etichetta Full Plate. La notizia della grave malattia di Locke giungeva, nel duemilasedici, come un fulmine a ciel sereno, relegando “Rations” in qualche hard drive per quasi un decennio, in attesa che si dipanasse la sofferenza per la successiva scomparsa del rapper/producer, poi sopraggiunta nel duemiladiciannove, a soli quarantaquattro anni, attendendo che Dillon trovasse coraggio e ispirazione per terminare l’opera e dedicarla all’indimenticato partner artistico.

Non è dunque una realizzazione propriamente postuma, anzitutto perché non si conosce l’esatto progresso nelle registrazioni al momento della sospensione, quindi perché le cartelle di beat erano sostanzialmente pronte da utilizzare, dato che, secondo quanto chiarito dall’ufficio stampa, non sono emerse indicazioni che la produzione sia stata terminata da qualcun altro: è stato semplicemente selezionato cosa utilizzare di quel materiale originario. Ne deriva che i testi si dividono idealmente tra le argomentazioni che avrebbero dovuto costituire l’ossatura concettuale del disco, per poi però prendere una piega commemorativa verso il lascito del produttore, cercando di tenere viva quella stessa immagine che Dillon espone in due dei primi video pubblicati per pubblicizzare il progetto, a sostegno dell’idea di un’entità ancora presente, che da qualche parte supervisiona e approva quanto qui viene offerto.

C’era tanto da dire e altrettanto da far ascoltare, un’eredità pesante da trasportare e un percorso da chiudere nel migliore dei modi: missione compiuta, senza che vi fosse necessità di diventare troppo emozionali o scontati: l’umore del rapper attraversa diversi stati d’animo senza tuttavia disperare, cercando di curare le proprie ferite attraverso una rifinitura degna, esprimendosi oggi con la giusta razionalità e – perché no? – un pò di gioia celebrativa, perché alla fine, nonostante le giornate buie seguite al dolore di un’assenza, è essenziale ritrovare slancio dal ricordo di quanto quella persona sia stata in grado di trasmettere e lasciare. Perciò Dillon, a debita distanza di tempo, si può permettere di sorridere e guardare avanti, eseguendo il saluto del soldato dinanzi a The General, proprio come mostra nella clip di “Pots & Pens”, scelto come primo estratto nonché brano introduttivo della scaletta, riprendendo idealmente quegli stessi ingredienti su cui il duo aveva costruito “Studies In Hunger” e “Food Chain“, gli altri componenti della trilogia che “Rations” va a concludere. E’ un’operazione insolitamente lunga per gli standard odierni, ma col trascorrere degli ascolti diventa sempre più coinvolgente per varie ragioni, non ultima il ruolo di collante che Dillon, suo malgrado, è costretto a rivestire in solitudine, gettando le pennellate finali in maniera encomiabile.

E’ un disco contraddistinto dalla varietà, con meriti da distribuire equamente tra le innegabili spaziature della produzione, la quale sottolinea gusto e conoscenza da cui Paten Locke attingeva, nonché per liriche che Dillon scrive con una buonissima spinta tecnica e personalità. Tante, infatti, sono le pietanze contenute nel cesto del pranzo e prendono immediatamente quota grazie allo spinto classicismo del banger “One Man Army”, carico di tensione e ospiti d’eccezione come Akrobatik (Locke, in passato, aveva prodotto anche per i Perceptionists) e il sempreverde Masta Ace, caricando il pezzo a molla con tre stili differenti; “We Got It” diviene presto un inno, il refrain è infettivo, il basso goloso, i tagli dei sample perfettamente adattati alla batteria, tremendamente accattivante alla pari di “No Bluffin’”, mood musicale che rientra pienamente nelle corde di un Large Pro qui impegnato al microfono su un beat essenziale, dal giro di basso indovinato e dai piccoli suoni di piano che costituiscono il tocco finale per far quadrare il tutto a suon di boom bap. “Cruel Mistress” dimostra tutta la bravura produttiva del produttore, inserendo campanelli per intro e parte centrale, stendendo poi un loop minimale che sostiene adeguatamente considerazioni amare (<<I lose my mind before I lose my appetite for destruction and the dysfunction that happen, right/after you accept your own fate, the reaper is grim, runnin’ with him he won’t wait/when your number’s called>>); “Bump” e la sua squisita atmosfera fatata accompagnano giochi di parole e similitudini (<<still pulling strings like I’m Les Paul>>), con la sempre piacevole metrica di Wordsworth e la vellutata conclusione di un Dres impegnato a mitragliare le liriche di assonanze.

Spiccano altresì la delicatezza di “Whatever You Need”, lettera indirizzata a una donna in mezzo a un magma di sample che convivono non si sa come tra loro – ma ci riescono alla grande; la spensieratezza di “Always Never” e il suo astratto gioco di contrasti; l’eccellente “Illusive Futures”, premiata dall’organetto e dall’intensità della progressione di basso, con pensieri ancor più profondi dedicati all’amico (<<you scope death in the distance and knew that the music will be his only imprint>>); il cinematico western da pelle d’oca evocato da “Gunsmoke Starring Dillon”, con il rapper impegnato a vedersi come un fuorilegge solitario, sopravvissuto alle difficoltà e figurativamente determinato a sterminarle una alla volta, sottolineando grande abilità nella creazione del testo. Il baldanzoso ammiccamento Funk/Pop di “Ponte Vedra” diverte e vede un’ottima interazione tra rapper e sample; “Drinking Solution” affronta il tema dei problemi e dei vizi utilizzati per attenuare il dolore, accentuando il riscontro positivo della scrittura; “I Need Therapy” revisiona nel suo raccontare lo sviluppo della carriera, dagli inizi alle prime connessioni con gli artisti qui presenti, tra una citazione Tribe e la successiva, sull’ennesimo beat che si fa immediatamente timbrare per approvazione. Forse, ecco, avremmo tolto giusto un paio di episodi, ovvero una “Pallbearers” non troppo convincente, priva di energia nonostante la particolare vocalità di Willie Evans Jr., oppure “Down With The Kings”, con Diamond D non al massimo e un concept non troppo originale – ma trattasi di un problema nient’ affatto rilevante.

Un piatto assai ricco, di cui è meglio cibarsi in fretta prima che le razioni giungano al termine.

Tracklist

Dillon & Paten Locke – Rations (Full Plate 2025)

  1. Pots & Pans
  2. One Man Army [Feat. Akrobatik and Masta Ace]
  3. We Got It [Feat. Yamin Semali and Day Tripper]
  4. No Bluffin’ [Feat. Large Professor and J Scienide]
  5. Cruel Mistress
  6. Bump [Feat. Wordsworth and Dres]
  7. Pallbearers [Feat. Willie Evans Jr. and Cool Calm Pete]
  8. Whatever You Need
  9. Always Never
  10. Down With The Kings [Feat. Diamond D]
  11. Illusive Futures [Feat. Jay Myztroh]
  12. City Of Light
  13. Gunsmoke Starring Dillon
  14. Ponte Vedra
  15. Drinking Solution
  16. Burning In The Ashtray
  17. I Need Therapy
  18. Found In A Crate (Paten Locke Cover)

Beatz

All tracks produced by Paten Locke

Scratch

All scratches by Dillon

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