Dargen D’Amico – D’ (parte prima)
Dargen: sappiamo tutti di cosa sia capace. Detesto i sintagmi preconfezionati, le frasi fatte, ma questa volta calza a pennello, quindi mi tocca riesumare il vecchio o lo si ama o lo si odia. Per la cronaca, io appartengo alla prima categoria, ma non riesco a esimermi dall’ammettere che questo disco non è il capolavoro che era legittimo aspettarsi dopo la genialata schizofrenica che era stato “Di vizi di forma virtù”. Sarebbe stato davvero arduo mettere assieme qualcosa di meglio ma, in “D'”, l’impressione è che il caro Dargen viva, se così si può dire, un po’ di rendita. Il nome dell’anticonformista irregolare, seppur non nel giro grosso del mainstream, se l’è fatto da tempo: non vorrei che questa sua fama, oramai consolidata, l’abbia portato a scrivere senza pensarci troppo, sicuro del fatto che gli idolatranti fan avessero azzerato lo spirito critico.
In realtà, possiamo ingoiare, seppure a fatica, il rospo del Pop danzereccio e sgraziato delle produzioni, l’onnipresente melodia coatta dell’auto-tune, la brevità di certe strofe e l’ossessività dei ritornelli (le otto barre sono il male!), ma, mi perdonerete, da Dargen dobbiamo esigere quei momenti di vibrante drammaticità esistenziale unita alla levità dell’ironia, alle rime sommesse e alla metrica irriconoscibile di cui aveva infarcito il disco precedente. Ora, queste vette di tragicomica riflessione sono a dir poco rarefatte, lasciate cadere quasi a casaccio dalla mano di un creatore distratto. Sembra di trovarsi di fronte a sette brani comuni – direi quasi ordinari – sui quali è stata cosparsa una manciata di minuscole chicche di genialità.
Così i rari momenti di toccante gravità (<<le porte che si aprono per farmi passare, mi fa pensare/qualsiasi addio, anche tra due porte, è traumatico>> e <<vederti da vicino convertirebbe Dio>>) sono dispersi e resi quasi irriconoscibili tra auto-plagi (<<siamo come dizionari/siamo Dei sinonimi e contrari>> e <<mentre io aspetto ancora la mia/come gli Ebrei il messia>>), viaggi malati – e incomprensibili! – in pieno stile Dargen (“Perché non sai mai”, o la parte iniziale di “Malpensandoti”), buoni sfoggi di tecnica (date un occhio alle rime nella prima strofa di “Van Damme” e rimanete a bocca aperta), qualche trovata di pungente ironia (<<quando la vita taglia la testa al toro come Superga>>, <<ho chiesto il solito, come il tran-tran>> e <<non si muore più, tutt’al più si fa un tour virtuale nell’altro mondo>>) e tanta, tanta mediocrità, sia tecnica che immaginifica (non prendiamoci in giro: “Prendi per mano D’Amico” non sembra nemmeno scritta da JD).
Solo due – per fortuna, verrebbe da dire – le collaborazioni: Dan-T e Fabri Fibra (con cui Dargen sembra aver stretto un – malaugurato – connubio). Entrambi inascoltabili. Un aspetto positivo? Questo è un disco d’amore. Punto, nient’altro da aggiungere, e quando Dargen parla d’amore, anche se lo fa al di sotto delle sue potenzialità, sa problematizzare, trovare punti di vista insoliti e, in una parola, emozionare. “D'” è un disco che, se si presentasse come l’esordio di qualche rapper ventenne, potrebbe promettere molto bene: da un veterano navigato e capace – l’ha dimostrato – di autentici capolavori, ci aspettiamo ben più che una prova senza infamia e senza lode che finisce col perdersi nel livello medio di tante autoproduzioni.
Tracklist
Dargen D’Amico – D’ (parte prima) (Off Limits 2010)
- Bere una cosa
- Nessuno parla più [Feat. Fabri Fibra e Dan-T]
- Perché non sai mai (quel che ti capita)
- Malpensandoti
- Van Damme (Saddam)
- Prendi per mano D’Amico
- Ma dove vai (Veronica)
Beatz
- Dargen D’Amico: 1, 3, 4, 6, 7
- Fish e Marco Zangirolami: 2
- Dan-T: 5
Riccardo Orlandi
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