CRU – Da Dirty 30

Voto: 3,5

Props due to CRU who where able to stare into the face of Rap banality and come back with an accessible sound that at any given second might go completely loco; così Gabriel Alvarez sintetizzava il proprio pensiero a proposito di “Da Dirty 30” nel numero di luglio ‘97 di The Source, assegnando tre microfoni e mezzo all’esordio del trio composto da Yogi, Chadio e The Mighty Ha, originari del South Bronx. I quali per i più erano e sono degli emeriti sconosciuti, essendo il gruppo un’oggettiva meteora dell’Hip-Hop di metà anni novanta, entrata subito nei radar della Def Jam, fattasi notare col 12’’ “Nuthin’ But” a firma Rhythm Blunt Cru e non più in attività dalla partecipazione alla prima compilation della Violator col brano “Ohh Wee”: tutto ciò in neppure un lustro, arco temporale tanto più breve ieri che oggi in ambito discografico, segnale che quel completely loco era forse un giudizio spendibile altresì per il profilo caratteriale della CRU.

Certo è che “Da Dirty 30” fosse un progetto insolito perfino per l’epoca: una tracklist di ben trenta brani, settantasette minuti di durata, una struttura che a tratti potrebbe ricordare un tape (la sequenza mixata “Pronto”/“You Used To”/“Fresh, Wild And Bold”), un timbro musicale non sempre omogeneo, affidato per intero alle mani di Yogi, ovvero Jeremy A. Graham, l’unico dei tre che ha lasciato un segno tangibile del proprio passaggio entrando a far parte del collettivo The Hitmen con Carlos “Six July” Broady, Deric “D-Dot” Angelettie, Ron “Amen-Ra” Lawrence e molti altri – vicinanza, quella alla Bad Boy Records, intuibile dalla sola presenza in scaletta di Black Rob e The Lox. E’ appunto il produttore a dettare i tempi di un’operazione che non ci è mai apparsa perfetta e incarna un approccio artistico desueto, che in quanto a spontaneità, assenza di calcolo e genuina ingenuità non ha perduto nulla durante le ultime due decadi. Infilato nel lettore, l’album si conferma a suo modo ancora frizzante, non inquadrabile nell’hardcore più duro né scimmiottante il mainstream, solido sul fronte tecnico (con Yogi e Chadio più presenti al microfono rispetto a un Mighty Ha che – fatte le proporzioni – gioca spesso il ruolo altrove assegnato a Flavor Flav), vario per temi/umori e dotato di un background sulla carta un po’ sconclusionato (da un lato si campionano Rhythm e Barry White, dall’altro si canticchiano Phil Collins e The Beatles).

Non credo si fatichi a prevedere che la somma di tutto ciò conduca a un insieme di difficile interpretazione, predestinato a un insuccesso commerciale e – al di fuori della cerchia degli appassionati del genere più completisti – all’inevitabile oblio. Considerazione che non ci impedisce di rilevare quanto di buono “Da Dirty 30” avesse comunque da offrire, laddove spogliato da alcuni svarioni e ricomposto in un percorso meno disordinato. “Just Another Case”, ad esempio, è un buon primo singolo, gradevole storytelling cui prende addirittura parte il maestro Slick Rick (la sua strofa è però espunta dalla clip), così come “Nuthin’ But” si segnala per la riuscita alternanza tra Black Rob, Chadio e Yogi, che cedono il testimone ogni quattro barre su una cupa strumentale il cui sample di basso viene prelevato da “Behind The Wall” dei Gotham. Più scura e minacciosa è l’ambientazione di “Goin’ Down”, che colloca il breve racconto collettivo nella quotidianità di qualche palazzone (<<on a midnight creep through a New York project/with my ghetto tech, blastin’ “Protect Ya Neck”>>), clima che si distende decisamente in “Live At The Tunnel”, curiosa attualizzazione di “Starski Live At The Disco Fever” di Lovebug Starski, con Jadakiss, Styles P e Sheek Louch invitati a divorare un beat molto old school che riprende l’originale.

“Bubblin’” è un altro estratto convincente, una jam dal tono leggero che fa percepire vaghe aderenze al sound degli A Tribe Called Quest, mentre “The Ebonic Plague” è una prova abbastanza muscolare, impreziosita da un Ras Kass che sull’attuale Presidente degli Stati Uniti aveva già allora le idee chiare (<<Donald Trump wouldn’t let you shine his shoes, my man/if you pissed off, you dyin’ with your dick in your hand>>). Infine, “Da Dirty 30” assesta due colpi degni di nota un attimo prima che il sipario cali: “Loungin’ Wit My Cru” è una cronaca senza tensioni delle scorribande notturne di Yogi & co. (<<Harlem Nights, Bronx Bombers and a bunch of four pounders/I like how it feels, I like how it keeps it surreal, for real/and yo, how I like how I puts it together/so what’s your deal for? Aiyo, I’m down for whateva>>), “Armaggedon” è invece una visionaria fotografia delle tensioni che stavano lacerando l’Hip-Hop, metafora – sviluppata su suoni horrorcore – il cui espediente narrativo è un party che diventa una carneficina, lasciando sul pavimento i cadaveri di Fat Joe, Method Man, Kool G Rap, KRS-One e Redman tra gli altri.

E tuttavia, come anticipato, l’album sconta alcune stravaganze che, unite al minutaggio poco invitante e alla conseguente molteplicità di atmosfere che si susseguono, finiscono col pesare in negativo sulla scorrevolezza dell’ascolto. Mi riferisco in particolare a “Lisa Lipps”, il delirante solista di Mighty Ha; “Straight From L.I.P.” e “Up North”, per le quali Yogi ha l’azzardo di pescare rispettivamente “Danube Incident” di Lalo Schifrin e “Pastime Paradise” di Stevie Wonder, che associamo presto alle coeve “Sour Times” dei Portishead e “Gangsta’s Paradise” di Coolio; “Pronto”, un discutibile passaggio in zona west coast; la maggior parte degli interludi, niente più che dei riempitivi all’interno di un disco che al contrario avrebbe bisogno di qualche taglio (“You Used To” è un’inutile coda cantata di “Pronto”, “Dirty 29” simula una versione di “Loungin’ Wit My Cru” col CD che salta, “Shoot Out” è l’introduzione a “Ten To Run”, che di per sé dura settantaquattro secondi).

Fermo restando che l’esperienza dei CRU si sia interrotta prematuramente, per quanto detto sopra ci sentiamo di confermare la valutazione di The Source: un 3,5 che sottintende l’invito a recuperare “Da Dirty 30” per tastarne con mano il potenziale, nel caso ve lo siate persi all’uscita.

Tracklist

CRU – Da Dirty 30 (Violator Records 1997)

  1. DJ Footlong (Intro)
  2. Bluntz & Bakakeemis [Feat. Antoinette, Jim Hydro and Tracy Lee]
  3. That Sh**
  4. Just Another Case [Feat. Slick Rick]
  5. Hoe 2 Society
  6. Nuthin’ But [Feat. Black Rob]
  7. Straight From L.I.P.
  8. Goin’ Down
  9. Shoot Out
  10. Ten To Run
  11. Wreckgonize [Feat. Black Rob]
  12. Bulletproof Vest
  13. The Ebonic Plague [Feat. Ras Kass]
  14. Up North
  15. R.I.P.
  16. Live At The Tunnel [Feat. The Lox]
  17. Pronto
  18. You Used To
  19. Fresh, Wild And Bold
  20. O.J.
  21. Lisa Lipps
  22. Bubblin’
  23. Goines Tale
  24. The Illz
  25. Footlong
  26. My Everlovin’
  27. Pay Attention [Feat. Anthony Hamilton]
  28. Loungin’ Wit My Cru
  29. Dirty 29
  30. Armaggedon

Beatz

All tracks produced by Yogi