Cormega – The Realness II
Il sequel, croce e delizia della suggestione. Lo è per definizione. Anzi, quasi per involontaria vocazione. Poco importa che si parli di pagine scritte, di sequenze immortalate da una cinepresa o, come in questo caso, di brani incisi in una sottile lastra rotonda di polivinilcloruro. Quando un momento alto – spesso altissimo – di un’arte trascende se stesso, anche solo nell’idea, proiettando oltre il proprio orizzonte, ecco che la suggestione precede il pensiero. Al cuore sfugge un battito e la pancia, anche se solo per un istante, si fa un sol boccone del cervello. E in quello si assapora ciò che fu, fantasticando su ciò che sarà. La doppia acca, in questo senso, non è un mondo a parte. Non si concede eccezioni. Nessuno statuto speciale. Ha avuto i suoi “Only Built 4 Cuban Linx… Pt. II” così come i suoi “Bacdafucup Part II”. Delizie e croci, appunto. E, fortunatamente, “The Realness II” ha preso posto nel primo gruppo.
Gli anni trascorsi dalla prima istanza – che fu anche il debutto discografico di Cormega, perché nel frattempo i master di “The Testament”, che per qualche anno ha girovagato sotto traccia unicamente nella forma di bootleg, se ne stavano a prendere polvere in qualche vecchio armadio negli uffici della Def Jam – sono ventuno. E questa seconda parte è sì un sequel di massima, ma con i crismi del remake in alta definizione. A tratti, possiamo dirlo, altissima. In “Her Name” tutto si colloca a un livello superiore rispetto ad “American Beauty”, a partire dallo stesso racconto. Mega non è più un giovanotto con un passato difficile che aveva preso una sbandata per lei, ottimista e disposto a chiudere un occhio su difetti presenti e passati, oggi ha il coraggio di mettere in discussione quella relazione (<<I’ve wrongfully assumed you belonged to me>>) e di dirle in faccia le cose come stanno (<<common sense, you’re confused/you refuse to let knowledge in/which ruins evolution/your future was once promising/you let yourself go/which proves you’re less confident>>). E, nel farlo, è supportato dall’intreccio di archi e piano imbastito da Pops (un utilizzo inaspettato della soundtrack di “Bram Stoker’s Dracula”); ben altra storia rispetto al campionamento pigro che faceva da colonna vertebrale alla sua parte uno.
Quando non si verifica per direttissima come in quest’ultimo caso e ancor di più in “The Saga Resumes”, che richiama alle macchine lo stesso Big Ty già curatore dell’originale per un seguito in perfetta scala uno a uno, il salto temporale si configura come una replica delle strutture. E a pretendere ogni attenzione, sin dall’annuncio in formato social della tracklist, è stata quella “Glorious” che fa sfoggio di Alchemist dietro le quinte e, soprattutto, di Nas ad accompagnare al microfono il padrone di casa alla cattedra (<<as soon as it’s written, it’s fatе/we show growth, anybody who against it, that’s hate/I say I’m still the samе, except the chain, the whip, the crib/the bitch, the pool, the house in where I live/the kicks I wear, the fucks I give>>). Una gemma di pregiata fattura, che declina quei riflessi atmosferici che sono sempre stati la liaison cromatica tra i due ex ragazzi del Queensbridge (“Affirmative Action”, la testamentaria “One Love”, fino alla più recente “Full Circle”). Ed è piazzata in scaletta lì dove anche ventuno anni fa era stato riservato un posto proprio per Nas; ma, lo ricorderete, i termini della conversazione erano di tutt’altra natura. E aggiungo: alla luce degli sviluppi successivi, sono abbastanza convinto che, se oggi fosse stato ancora tra noi, anche Prodigy sarebbe stato di questa sontuosa partita.
Detto di P, tocca nominare anche Havoc. Mega richiama in servizio l’altra metà dei Mobb Deep, nella sua duplice arte, e gli affida la stesura del suo manifesto. Sulle ritmiche crepuscolari di “Essential”, il Nostro stappa una boccetta d’inchiostro d’annata e compone le sue parabole di strada (<<I can give you jewels to survive/but you would rather wear jewels to shine>>). Un filo rosso che si dipana per l’intero ascolto, dalle riflessioni ex post affidate a “And Rhymes” (<<to each his own, we all addicted, whether substance or riches/if you want more when you get it, what’s the difference?>>) fino all’hybris dal pulpito di “Once And For All” (<<a street legend that raps elite level/either way you can’t see Mega/reversed is a gem, sustained pressure to shine brighter than rhyme writers/character flaws, I walk in truth most stride with liars/hold no weight I provided consignment/my influence is deeper than rap>>).
Quello che ascoltiamo in “The Realness II” è un rapper che ha scelto quale scarpa calzare. Senza più ripensamenti né reflussi nostalgici. E che si presenta di fronte a noi in abiti nuovi e freschi; non più intrisi dal pungente odore di grafite mista a nitroglicerina. Un dolce rammarico per chi scrive queste righe: rammarico perché “Dead Man Walking” sarà sempre l’esempio che porterò per spiegare la potenza narrativa di cui la doppia acca è capace; e dolce perché figlio di una consapevolezza, quella dei suoi cinquantadue anni (<<I’m too grown for adolescent aspirations>>), che non si può non abbracciare. Che dire? Benvenuta age of wisdom.
Tracklist
Cormega – The Realness II (Viper Records 2022)
- Once And For All
- Her Name
- Glorious [Feat. Nas]
- The Saga Resumes
- What’s Understood
- Life And Rhymes
- Grand Scheme [Feat. Lloyd Banks]
- White Roses
- Essential
- This Life Of Ours
- Age Of Wisdom
- Paradise [Feat. Havoc]
- Man Vs Myth
Beatz
- Domingo: 1
- Pops: 2
- The Alchemist: 3
- Big Ty: 4
- Cormega and Sha Money XL: 5
- Large Professor: 6
- Streetrunner and Tarik Azzouz: 7, 12
- Sha Money XL: 8
- Havoc: 9
- CamondaTrack: 10
- Cormega: 11
- Harry Fraud: 13
li9uidsnake
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