Boldy James – The Versace Tape

Voto: 3,5/4 – –

A volte quasi ce ne dimentichiamo, ma una percentuale cospicua del crescente successo che ha investito il progetto Griselda Records – entro il perimetro della scena underground – è dovuta a una strategia collaborativa di rara efficacia, consistente da un lato nella ricerca di un sound ad alto tasso di riconoscibilità (definito in prima battuta da Daringer) e dall’altro nell’attivazione di una fitta trama di alleanze più o meno stabili, occasionalmente sbocciate in pubblicazioni che non hanno per protagonisti Westside Gunn, Conway The Machine e Benny The Butcher. Dopo aver dato spazio (tra gli altri) a ElCamino e Mach-Hommy, la label ingrossa infatti il proprio catalogo garantendosi la gradita partecipazione di Boldy James, il quale a febbraio rilasciava “The Price Of Tea In China” (poi ristampato in una deluxe edition più estesa) e in pieno lockdown sfilava sull’ambizioso “Pray For Paris”; l’mc di Detroit deve essersi trovato a suo agio sulla sponda opposta del Lago Erie e, non pago del bis (“Manger On McNichols” col concittadino Sterling Toles), ha firmato il suo terzo disco in questa strana annata, raccogliendo peraltro una sfida mica da poco: affiancare il giovanissimo Jay Versace, entrato a sorpresa nell’orbita GxFR proprio in occasione della penultima fatica di WSG.

Ventidue anni, originario del New Jersey, salito alla ribalta nell’adolescenza grazie a Vine e YouTube (trascorsi di cui non ce ne può fregare di meno), il beatmaker si confronta subito con una prova impegnativa, superandola senza particolari indecisioni. In assenza di uno storico attraverso il quale misurare gli eventuali progressi di un tragitto che riteniamo ancora agli inizi per ovvie questioni anagrafiche, “The Versace Tape” è un EP di ventitré minuti (interludi compresi) dotato di un taglio musicale molto omogeneo, coerente tanto col copioso catalogo dell’etichetta di Buffalo, quanto con la predilezione di Boldy James per gli scenari rarefatti evocati da Alchemist. E’ un parallelo fin troppo prevedibile, ce ne rendiamo conto, tuttavia verosimile: considerata l’età, è ragionevole ipotizzare che tra i riferimenti artistici di Jay Versace il signor Maman abbia un peso specifico più importante di – buttiamo lì due nomi – Marley Marl o Pete Rock. Ne consegue un gusto compositivo disadorno, tendente più alla sottrazione che al ricamo fine a se stesso; approccio che si sostanzia nell’utilizzo di sample di media lunghezza, abbinati a casse e rullanti che non pestano mai con gratuita durezza.

Che sia un modus operandi abbastanza derivativo è fuori di dubbio, resta il fatto che Jay ne ricavi un percorso intrigante, che al rapper calza con la precisione di un abito d’alta sartoria – tanto per ribadire l’immancabile riferimento del concept grafico, la cui cover di ChrisHaven fa il paio con quella di “G.O.A.T.”. Trovato l’affiatamento e stabilito che il mood avrà tinte diafane, l’interazione tra i due appare agevole: “The Versace Tape” è un album lineare, levigato da uno stile lirico che sappiamo non avere spigoli né marcati cambi di passo. Una narrazione svincolata da inflessioni emotive e moralismi di sorta, che fin dal coke Rap di “Maria”, su una tromba Jazz che potrebbe provenire dalla collezione di vinili del padre (o forse del nonno…) di Versace, si affida a una rigida reportistica (<<weight the coke, beat the pot, scrape the bowl, beat the block/eight below, steamin’ hot, eighty-four, G’s on top>>).

Sul fronte tematico, il “…Tape” gravita appunto attorno al vissuto di Boldy, notoriamente denso di esperienze ai margini della legalità. Non senza minime variazioni di tono, a ben vedere: ancora freddo e descrittivo sul malinconico Soul di “Nu Wave” (<<first come, first serve, first through the third, no dealings/mama, I apologize, ain’t mean to hurt your feelings/it’s Concreatures>>) e sulla voce pitchata di Stevie Wonder in “Monte Cristo”; viaggiando sul filo dei ricordi in “Long Live Julio”, che campiona “Please Baby Please” dei The New Cymbals; rivendicando l’efficacia dei propri passi in “Bentayga” (<<on the run from that federal cell in the country/where I’m from, if you ain’t dead or in jail, then you lucky>>) – da notare che tutti i brani citati hanno una sola strofa. Infine i featuring: come sempre convincente ElCamino in “Cartier”, mentre Westside Gunn si limita a refrain e ad-lib in “Roxycontin”.

A conti fatti, spiace solo per la durata parecchio ristretta. Motivo che ci spinge a non arrotondare per eccesso il voto numerico, senza con ciò togliere valore a un’uscita che si conferma ostica per il suo essere estrema e a-melodica, caratteristiche che siamo certi incontreranno il favore di tutti gli appassionati di Boldy James e di un’instancabile Griselda. Incrociamo le dita per rivederli presto di nuovo assieme.

Tracklist

Boldy James – The Versace Tape (Griselda Records 2020)

  1. Pony Down Intro
  2. Maria
  3. Nu Wave
  4. Cartier [Feat. ElCamino]
  5. Brick Van Exel
  6. Long Live Julio
  7. Monte Cristo
  8. Cardinal Sin
  9. Bentayga
  10. Roxycontin [Feat. Westside Gunn, Keisha Plum and Tiona Deniece]

Beatz

All tracks produced by Jay Versace