Blu – Good To Be Home

Voto: 3,5

blugoodtobehome500A ‘sto giro mi sono beccato proprio una bella gatta da pelare… Girando un po’ sul web è facile imbattersi in recensioni di “Good To Be Home” dalle più disparate conclusioni e valutazioni, passando da chi l’ha adorato e magnificato a chi, viceversa, l’ha cassato come l’ennesimo esempio di sperimentazione di Blu caduta nel più totale fallimento. Io, da buon paraculo, mi metto nel mezzo e vi spiego subito il perché. Partiamo col dire che Blu è un diavolaccio e la sua nota voglia di immergersi nei prodotti più strani e sperimentali possibili l’ha portato a collaborare con Bombay, produttore non certamente tra i più noti per il quale parlano le sue collaborazioni con Lightheaded, Trek Life e i prossimi lavori di MED, Co$$ ed Elzhi. Al primo impatto l’album è strepitoso, il mini LP cardboard gatefold (come dicono gli americani…) progettato e pensato da Joseph Martinez, che contiene due CD in altrettante buste in carta tipo vinile, non lascia insoddisfatti gli amanti dello stile. La prima mazzata che deciderà il vostro giudizio è senza dubbio l’approccio alla prima traccia e le caratteristiche che riveste, le quali si ripeteranno sostanzialmente per tutto il prosieguo: l’intero album è pensato e registrato con uno stile povero, ovvero pieno di squilibri nei livelli sonori dei diversi elementi che compongono le tracce – suoni, voci gracchianti e via dicendo.

Ora, considerando che i mezzi tecnologici dei due sono senza dubbio all’avanguardia e che la loro esperienza è pluriennale, sono portato a credere che il tutto sia voluto, quindi chiunque critichi tale aspetto dovrebbe vederla da un punto di vista più – per così dire – artistico, sperimentale appunto. L’intera produzione musicale presenta caratteri precisi e, a parte quanto già detto, Bombay ama e piazza ovunque tre elementi imprescindibili: le linee di basso avvolgenti sino all’esagerazione, campioni vocali e più livelli sonori per le diverse componenti della traccia. Io sono un assoluto fan del basso e credo che rappresenti l’elemento d’amalgama in un brano, ciò che non si sente quando c’è, ma senza il quale non c’è completezza; tuttavia l’uso che ne fa il produttore a volte risulta quasi fastidioso. Ne è un esempio “Home”, dove i bassi annientano tutto il resto lasciando un minimo di respiro solo alle parti vocali, cantate, rappate e campionate. Anche i cambi di volume si notano subito e, per averne un esempio calzante, basti ascoltare la seconda traccia dell’album, “The Return”, nella quale sono ben identificabili alcuni archi il cui perenne mutare crea una ritmica coinvolgente e piacevole; di contro, non si può spendere lo stesso giudizio per “Boyz N The Hood”: qui, infatti, questi continui abbassamenti e innalzamenti dei campioni non fanno altro che creare una confusione a tratti inascoltabile.

Lo stesso discorso è possibile applicarlo ai campionamenti delle voci cantate, che possono sì essere una soluzione interessante e piacevole (comunque non una novità), ma a lungo andare, se ripetuti su ogni singolo brano fino allo sfinimento, risultano indigeribili – un po’ come la cena del ventisei di dicembre… Fino a qui mi sembra di essere stato un po’ duro con Blu e Bombay, ma è solo per mettere i puntini sulle i; in realtà, episodi come “The Return”, “The LA”, “The 50z”, “Rap Dope” e “Red & Gold” sono davvero belli nella loro particolarità e crudezza.

Detto della metà musicale, qualcosa bisogna aggiungere sulle liriche. Blu era ed è uno degli mc’s migliori attualmente in giro, anche se ciò che ha regalato con “Below The Heavens” resta un punto non più raggiunto nella sua carriera. Ad ogni modo, il flow rimane di qualità elevata seppure in qualche episodio deragli, forse spinto da una voglia di stupire esagerata che è sempre stata il tallone d’Achille di una discografia altalenante. In particolare, una volta tanto mi piace sottolineare come alcuni rapper (ed è appunto il caso di Blu) riescano a proporre buona musica senza scadere in stereotipi scontati parlando di omicidi, vite ai limiti, bling bling e banalità simili: <<I’m like homes ain’t never sold dope, he ain’t never seen crack/he ain’t never had to tote, what he think that he G for?>>. Infine, i numerosi featuring danno un sapore di decisa varietà senza il quale l’album sarebbe forse troppo pedante.

“Good To Be Home” è allora una buona uscita che di certo avrebbe potuto puntare più in alto con un minimo d’equilibrio e se i suoi due autori fossero stati meno guidati dal proprio narcisismo, tuttavia questo è ciò che Blu e Bombay hanno voluto mettere assieme e, con un po’ d’impegno, è possibile assimilare il tutto senza lasciarsi trasportare troppo dalle prime impressioni e concentrandosi anzitutto sui pregi presenti.

Tracklist

Blu – Good To Be Home (New World Color Records/Nature Sounds 2014)

CD 1

  1. Home
  2. The Return
  3. Back Home Again (Interlude)
  4. Boyz N The Hood [Feat. Fashawn, Like and BeYoung]
  5. Whip Creme (Part One) [Feat. Definite, Big Dame, Co$$ and Swt Pea]
  6. The West
  7. The 50z
  8. The LA [Feat. Secret Service Agents]
  9. Summer Time [Feat. Bombay and Arima Ederra]
  10. The Summer
  11. Angel Dust (Hidden Track) [Feat. LMNO, 2Mex and Imani]

CD 2

  1. Rap Dope
  2. Dre Day
  3. Red & Gold [Feat. Prodigy, Mitchy Slick and Phil Da Agony]
  4. Child Support
  5. Well Fare [Feat. Thurzday and Casey Veggies]
  6. He Man
  7. Brown Sugar [Feat. MED and Oh No]
  8. Bobby Brown [Feat. Clutch, Mic Holden and Definite]
  9. Can’t Stop, Won’t Stop [Feat. Step Brothers, Tristate, Planet Asia, Donel Smokes, Chace Infinite and Krondon]
  10. The West (Part Two) (Instrolude)

Beatz

All tracks produced by Bombay

Scratch

  • Dj Rhettmatic: 6a
  • Dj Exile: 4b
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