Apollo Brown & Planet Asia – Anchovies

Voto: 3,5

Featuring a parte (attività nella quale primeggia fin da “Time Waits For No Man” dell’amico Rasco), Planet Asia aveva già messo piede in casa Mello Music Group quattro anni fa, quando Gensu Dean gli fornì tutti i beat per l’onestissimo “Abrasions”. Possiamo dunque parlare di un gradito ritorno, peraltro al fianco di quell’Apollo Brown che è senza ombra di dubbio il produttore di punta della label – e qui tocca subito aprire una breve parentesi. Senza nulla togliere all’eccellenza di “Gas Mask”, “Trophies” e “Blasphemy”, sontuosa tripletta che collochiamo con convinzione tra i titoli imprescindibili del decennio in corso, è opinione abbastanza diffusa che Apollo abbia via via ecceduto nella definizione di uno stile talmente schematizzato e ridondante da aver perduto gran parte dell’originaria freschezza; quanto basta per accostarsi ad “Anchovies” con la necessaria curiosità, ma anche una discreta dose di riserve.

Soppesando le attese a partire dalle anteprime diffuse mediante Bandcamp, ovvero – in ordine di apparizione – “Dalai Lama Slang”, “Panties In A Jumble” e “The Aura”, la sensazione iniziale è che il duo non abbia dovuto fare i salti mortali per raggiungere un’intesa più che solida, ottenuta però attraverso un lavoro di adattamento compiuto in primis dall’mc. Nel senso che i tempi di “Anchovies” pare dettarli il solo beatmaker, qui alle prese con un’intelaiatura decisamente minimale e – fatti gli opportuni distinguo – prossima a quella offerta da KA, Daringer e affini: l’attenzione è infatti tutta rivolta ai sample (qualcuno parecchio noto, vedi “Nobody Knows” della SCLC Operation Breadbasket Orchestra And Choir in “Duffles”, “Check Me Out” di Eddie Floyd in “Fire” e “Last Tango In Paris” di Gato Barbieri in “Speak Volumes”), tagliati su misure di lunghezza variabile e posizionati sopra scarne batterie che assolvono al ruolo marginale di metronomo.

L’esecuzione – non che ne dubitassimo – è ineccepibile, peccato l’insieme difetti in maniera palese di dinamica, appiattendo il mood a una rigida costante che, tra combinazioni di archi e pianoforti (“Diamonds”, “Dalai Lama Slang”, “Speak Volumes”) o ipnotiche linee vocali spezzate (“The Aura”, “Tiger Bone”, “Avant Garde”), concede a Planet Asia spazi di manovra limitatissimi. Sia chiaro: preso a sé, ogni beat proposto ha la sua ragion d’essere e dà respiro al talento indiscutibile di Apollo, cui semmai non perdoniamo il solito abuso del caratteristico fruscio causato dal vinile – effetto peraltro posticcio, perché addizionato alle singole strumentali invece che consequenziale alla campionatura; ciò che lascia perplessi è l’insistita reiterazione di una formula compositiva che, magari riducendo il minutaggio, avremmo ritenuto più adatta a un beat tape da gustare rigorosamente muniti di cuffie per cogliere con nitidezza tutte le sfumature della prova fornita dal buon Erik Vincent Stephens.

Va da sé che non lo dico per sminuire il contributo del rapper, come di consueto all’altezza del compito assegnatogli e protagonista assoluto al microfono. <<These rappers got me bored like a ouji/what I write is graffiti, flights to Fiji/hop off the plane, jump on a scooter/top floor suites for all my shooters>>; “Anchovies” pone l’asticella tematica nell’intersezione tra autocelebrazione, battle Rap e ruvidezze varie, scarnificando il reparto lirico – in ossequio alla lisca dell’acciughina posta sul fronte copertina – attraverso un puntiglioso gioco di sottrazioni: Planet Asia accorda voce e interpretazione su un registro univoco, monotono, facendo combaciare la fissa linearità della componente musicale a uno schema metrico altrettanto rettilineo (le rime sono sempre in coppia o interne alla barra), operazione che si traduce in una performance molto equilibrata e addirittura straniante sul versante del flow, calmo e ricco di pause (“Deep In The Casket”, “Get Back”).

Da un lato l’alto potenziale qualitativo in campo, dall’altro un ascolto appesantito dalle ragioni indicate sopra. Stabilire se “Anchovies” sia il non plus ultra cui un duo così ben assortito potesse ambire o un’occasione in parte mancata non è affatto semplice; il sospetto, pur consigliando a prescindere un assaggio di verifica, è che la verità stia proprio nel salomonico mezzo.

Tracklist

Apollo Brown & Planet Asia – Anchovies (Mello Music Group 2017)

  1. The Smell
  2. Panties In A Jumble
  3. Diamonds
  4. The Aura
  5. Dalai Lama Slang [Feat. Willie The Kid]
  6. Tiger Bone
  7. Duffles
  8. Avant Garde
  9. Deep In The Casket
  10. Fire [Feat. TriState]
  11. Speak Volumes
  12. Pain
  13. Get Back
  14. Nine Steamin’ [Feat. Guilty Simpson]
  15. You Love Me

Beatz

All tracks produced by Apollo Brown