60 East – My Hometown
Rapper, attivista, organizzatore di eventi. Originario di Ontario, in California, tra festival e tour cui ha partecipato da supporter, 60 East ha trascorso gli ultimi dieci anni calpestando un gran numero di palchi, sia negli Stati Uniti che in Europa; discograficamente, invece, ha in curriculum quattro volumi della saga “The Freeway Series”, l’album d’esordio “10,000 Hours: A Story Of Success”, collaborazioni, singoli e, a conferma di un percorso che nel biennio recente si è ingrossato, gli EP “At The Sideshow” con A-F-R-O e “Krate Killers” con Krate Killer. Lo spiegone serve a introdurre un artista poco conosciuto, sì, ma che non sbuca certo fuori dal nulla; la gavetta di Joey Atilano è stata intensa, ha vissuto in pieno la propria passione per l’Hip-Hop, ha fondato collettivi e, non è un modo di dire, ha fatto molti sacrifici, con ambizioni genuine, attinenti più alla sfera della realizzazione personale che a quella della celebrità. Non descrive scenari fittizi né glorifica episodi di violenza e illegalità, pur avendo conosciuto da vicino le insidie della vita di strada; “My Hometown” è appunto il resoconto di un impegno costante, sincero, un progetto lucido, adulto (senza essere pedante), che nel contributo del Soul Council individua un alleato ideale.
Lo statement di “What’s My Name” è <<this ain’t an album, it’s more like the best of/and we just getting started, so y’all better rest up>>, indicazione sufficientemente chiara sulla natura di un titolo che in effetti inquadra con un ampio margine di esattezza le ambizioni, il carattere e il gusto di un mc che ha raggiunto la piena maturità non emulando gesta e pose altrui. Per certi versi, 60 East ricomincia da qui, dalle qualità espresse in un lavoro che si distingue dalla media delle uscite contemporanee, se non altro per il taglio dato alle strumentali da un trio che rilegge il boom-bap con la dovuta personalità: come anticipato, il ruolo di Khrysis, Eric G. e Sndtrak è determinante, campioni Soul, linee vocali spezzate e batterie danno a “My Hometown” un passo molto preciso, esprimendo con compiutezza il background del protagonista. E, pur apprezzando il filone dei beat drumless, dell’Hip-Hop più scarno e minimale, la ricchezza musicale di questi quasi quaranta minuti non ci lascia affatto indifferenti, considerato quanto sia diventato omogeneo e ridondante il sound che si rifà ai vari Roc Marciano, The Alchemist, Daringer e via a seguire.
Così “Out The Inland”, posse con Oktane, Trizz e Sly Boogy, nel celebrare appartenenza e zona d’origine (<<reporting live from the west side/west coast till I die and the next life/no test ride, this fresh off the lot dog/we get what we want, we don’t ask what it cost, nah>>) ricorre a una composizione nostalgica e calda, contrappunto che aggiunge atmosfera a un brano che spicca subito tra i migliori in scaletta; e vale lo stesso discorso per “Deals”, che rivendica con orgoglio la caparbietà di un cammino nel quale non si contano regali di sorta (<<labеls turned me down, now they all trying call again/God gave me a place, now I’m seeing dream falling in/…/waiting for my chance, now it’s mine for the taking/they ain’t think I would make it, that got me to the promise land/…/ain’t no telling how much money I invested/in myself, you can’t question my passion when it’s tested>>), anche grazie a una programmazione di cassa e rullante che enfatizza la veemenza delle liriche. Immaginare il tutto sopra sample ipnotici, loop infiniti e privi di variazioni, dà la misura di un connubio che non avrebbe funzionato.
Lo diciamo a ragion veduta, considerando altresì la scrittura di 60 East: non figurerà tra i primi della classe, ma ha capacità oggettive, consolidate, il suo lessico è adeguato, chiude spesso le rime all’interno della barra e imprime alla voce una discreta dinamica. Un timbro nineties, con i fiati di matrice Funk, gli scratch di Dj Rhettmatic nel refrain e qualche linea più di pancia (<<did it independently shitting on the Industry/inspired by the greats, adding insult to injury>>), gli calza addosso come un vestito cucito a mano – è “In”, ultimo video estratto. In generale, non si segnalano sbavature rilevanti e l’ascolto si conferma piacevole anche dopo diverse settimane di verifica: “Hold On”, “Somewhere In France”, “Chess”, “Soul Fly” (ottimo il contributo di Blu e Sa-Roc) e “Lil Brother” lasciano pochi dubbi sulla bontà di quanto proposto, su un tasso tecnico all’altezza e su una coerenza d’insieme che non passa inosservata.
Fuori a fine marzo, disponibile in versione fisica e su Bandcamp (per scelta, verrà caricato sulle altre piattaforme durante l’estate), “My Hometown” è onesto, schietto, non è ruffiano, non cavalca un’onda che non gli appartiene ed è realizzato a regola d’arte. E’ Hip-Hop, su questo non ci piove, e tanto basta per dargli una chance.
Tracklist
60 East – My Hometown (Purty Ugly 2024)
- Big Boy’s Neighborhood Intro
- What’s My Name
- Freeway
- Out The Inland [Feat. Oktane, Trizz and Sly Boogy]
- Hold On
- Deals
- My Hometown
- Purty Ugly [Feat. Peeeps]
- Somewhere In France [Feat. Blueprint]
- Chess
- In
- Soul Fly [Feat. Sa-Roc, Blu and Stephanie Soul]
- Lil Brother
Beatz
- Khrysis: 2, 4, 6, 11, 13
- Eric G.: 3, 7, 8, 9, 12
- Sndtrak: 5, 10
Scratch
- Dj Idem: 9
- Dj Rhettmatic: 11
Bra
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