Havoc and The Alchemist – The Silent Partner

Voto: 3,5/4

havocalchemistsilentpartnerHavoc e Alchemist non ve li introduco, ok? Dico sul serio: se c’è bisogno di spiegarvi chi siano questi due qua, meglio dedicarsi ad altro – non so, potrei farmi la barba, ripassare la tabellina del nove, mettere in ordine cromatico le uova nel frigo… Bene, quindi sapete già tutto, sapete che “The Silent Partner” è stato annunciato proprio da Havoc nei primi mesi dell’anno, uscendo poi a maggio, sapete che il caro Alan aveva già prodotto “Albert Einstein” per l’altra (dolce?) metà dei Mobb Deep, sapete pure che – ubiqui – siamo sia nel Queens che a Los Angeles. Un veloce ripassino sulle ultime cosette di entrambi, tuttavia, può tornar comodo: l’mc newyorkese è reduce dal trascurabile “13”, ha fatto il minimo sindacale su “The Infamous Mobb Deep” (disco che – sessions a parte – ho dimenticato dopo un paio di ascolti e una ragione ci sarà), s’è fatto un giro su “You Disgust Me” dei Gangrene, “Marching To The Sound Of My Own Drum” di MoSS e, appunto, “Albert Einstein”; l’alchimista, impegnato sempre in una vagonata di uscite, non poteva mancare su “Directors Of Photography” dei Dilated Peoples, m’è piaciuto così così in “Russian Roulette” e “Israeli Salad” (so di essere in minoranza), ha tirato giù assieme all’amico Oh No una raccoltina a tratti interessante (“Welcome To Los Santos”) e con “Lord Steppington” ha finalmente riunito gli Step Brothers.

Tornando a “The Silent Partner”, vale subito una considerazione spesa a suo tempo per “Albert Einstein”, ovvero che dei due è Havoc ad adattarsi (parolone, eh) all’altro, subendo (e ridagli coi paroloni) un gusto produttivo radicalmente rinnovatosi nel corso degli anni e delle infinite collaborazioni (suggerisco un veloce paragone con “Focused Daily” e “The Platform” per capire la traiettoria), segno di una maturità artistica che consente al Nostro di esprimere anzitutto se stesso piuttosto che riscaldare piatti già pronti. Traducendo: non aspettatevi la crudezza e il gelo che hanno reso “The Infamous” e “Hell On Earth” due macigni il cui smalto rimane tutt’ora intatto (vent’anni, baby!), perché ALC è solito fare il cazzo che gli pare e non ha certo bisogno di mobbdeepizzarsi per dare al socio ciò di cui ha bisogno. Spazio, quindi, a cicciosi loop Funk tagliati con precisione chirurgica (“Maintain”), malinconici carillon (“Out The Frame”), scarni sample di voce e batteria programmati su misure medie (l’ipnotica “Never Trust A Soul”), bassi minacciosi affiancati qua e là dai fiati (“Smooth Ride Music”, liquida nel suo incedere privo di cassa e rullante), pianoforti da leccarsi i baffi (“Buck 50’s & Bullet Wounds”); né, però, mancano del tutto le atmosfere tipiche delle Queensbridge Houses (l’introduttiva “Impose My Will”) e perfino i suoni di solito associati al trio dilatato (“The Gun Holds A Drum”, “Throw In The Towel”). Si tratta, senza tirarla per le lunghe, di un allestimento musicale invitante come pochi (mi cito dall’“…Einstein”) e dal canto suo infallibile, perciò il punto è capire se (e quanto) Havoc sia stato all’altezza del beatmaker.

Che il rapper non figuri tra i più raffinati equilibristi lirici è cosa nota e poco importa quando si ha la capacità di attingere dalla street life per restituire racconti ambientati nei project e brutalità varie; da lui nessuno ha mai preteso molto di più (c’era Prodigy a rimediare) e “The Silent Partner” rientra infatti nel medesimo filone, offrendo in sostanza un canovaccio prevedibile ma sapido, a maggior ragione considerando il minutaggio moderato (siamo sui trentacinque primi) e la felice scelta dei featuring (solo tre: se fosse una ricetta avreste letto q.b., acronimo che qui calza a pennello…). <<You can pick your friends but not the life that you was born in>> (“Impose My Will”) e <<try to tell these clowns I ain’t for the fucking circus/dead you niggas get my money that’s my sole purpose>> (“Out The Frame”), filosofia spicciola ma chiara e chi non è d’accordo si ritenga avvisato (<<the shit is gory close your eyes pussy/my history documented, kept a nine in my hoodie/…/mommy never let us leave the crib without praying>> – “The Gun Holds A Drum”). Non basta? Allora preparatevi a schivare le pallottole di “Buck 50’s & Bullet Wounds” (bella la strofa di Meth, nonostante i bpm davvero slow), tenetevi stretta la vostra puttana (<<these bitches love me for me and give me deep throath/niggas hating, she just being what she be though>>“Just Being Me”) e ricordate di non giocare col fuoco (<<I made a promise to myself and I ain’t tryna break it/keep the llama on me nigga, I ain’t out here naked>>“Hear Me Now”). Banditi invece i raggi di sole, l’amore per il prossimo e un discreto numero di Comandamenti.

Le somme si tirano facilmente: abbiamo dei beat che non sto neppure a ripeterlo, un Havoc ignorante al punto giusto, undici tracce molto compatte (spesso unite da brevi skit) e un bel digipak che tiene tutto assieme. Non occorre minacciarmi col ferro per consigliarvelo…

Tracklist

Havoc and The Alchemist – The Silent Partner (Babygrande Records 2016)

  1. Impose My Will
  2. Maintain (Fu** How You Feel)
  3. Out The Frame
  4. Seize Power
  5. Never Trust A Soul
  6. The Gun Holds A Drum [Feat. Prodigy]
  7. Smooth Ride Music
  8. Buck 50’s & Bullet Wounds [Feat. Method Man]
  9. Just Being Me
  10. Throw In The Towel
  11. Hear Me Now [Feat. Cormega]

Beatz

All tracks produced by The Alchemist