Ghetts – Rebel With A Cause

Voto: 3,5

Il titolo dell’album riporta subito al brano dei PE, ma siamo ad East London. Il colore dominante lascia presagire precise ideologie politiche, poi c’è l’intro dell’intro a spiegare tutto: the rebellious spirit unleashes the strengths in passionate individuals; their frustration, resistance and defiance formulates an uncontrollable, yet undeniable energy; producing rebels with a cause. Album di debutto, eh. Nelle prime quattro barre il flow ti spiazza per la particolarità, quindi si comincia a sentire l’english accent e più in là ci s’avvicina a tratti (senza eguagliarla ovviamente) alla tonalità di Sticky Fingaz. I tre scratch in “Born + Raised” se li potevano benissimo risparmiare, però la prima nota decisamente positiva arriva subito dopo con “Rudeboy”, soprattutto per la produzione, facile facile ma heavy quanto basta; c’è l’Hard Rock di “Rebel“, uno dei brani più riusciti (<<black everything!>>), con espressività alternata, dal sottovoce fino all’incazzato; s’inserisce un sax finale sul Grime puro di “Man Like Me” (bella strofa di Rapid), che non suona male e risulta un bell’esperimento, ma sembra un po’ troppo staccata dal resto; il sax riappare poi nell’ottima atmosfera di “Ghetto No More”.

“Rags” sa di primo singolo radiofonico e scalaclassifiche, “What I’ve Done” di secondo, a metà tra Eminem (nonostante si dica il contrario in “Man Like Me”…) e Professor Green, e probabilmente “Times Change” di terzo, col suo bel giro di chitarrina, i vocals di sottofondo e quel chorus. Per l’appunto, molti ritornelli ricordano tanto i compari americani, Drake in particolare. Vedo “Broken Home” in qualche bella teenager soundtrack. Ghetts non si fa scrupoli a buttarti il disco addosso, non gl’interessa avere confidenza, devi ascoltarlo, per forza: prendi ad esempio “Gas Mark 9”, energia pura, spezzata solo dalla strofa di Giggs; nella produzione degli Splurge Boys i classici hi-hat continui che t’aspetti da un momento all’altro non ci sono (più), o meglio, si fanno sentire timidamente solo qualche volta in background.

Le liriche sono intricate ma al tempo stesso di immediata comprensione, anche perché ciò che Ghetts vuol comunicare in tutto il disco lo mette in chiaro fin dalla prima traccia, in cui richiama i titoli dei brani successivi e conclude con un <<this ain’t an album>>. Le strutture le sa ben costruire, con molte esclamazioni, tagli efficaci, pause, accelerazioni e variazioni vocali, al punto che alcune volte sembra ci sia un featuring e invece è sempre lui. La frase chiave di tutto il lavoro potrebbe essere: <<all I acquired from the riot/is people are sick and tired of being quiet>>, da “Rebel”. Si rievocano i Mobb con la bella <<there’s a war going on outside, no man is safe from/you think there’s no harm in kids watching Harry wave wands?>> in “These Words”; in “Fatherhood” parla della sua figlioletta, ma non posso fare a meno di citare in “Buck-I” <<it’s hard being Casper in a town full of cameras>>: giù il cappello.

Tra le produzioni spicca “Pray” di Lets Throw Shapes, traccia migliore se non fosse per ritornello e bridge finale, che non stonano ma alleggeriscono un po’ tutto il significato del brano, peccato. Il lavoro suona fresco al punto giusto, non si fa catalogare facilmente e ciò è un pregio; parte in quarta e poi va man mano alleggerendosi rischiando di afflosciarsi; forse l’aspetto che abbassa un po’ l’asticella è l’onnipresenza di assiomi quali ribellione/autobiografia/rivalsa/ghetto/appartenenza (<<you can take the boy out the ghetto but you can’t take the ghetto out the boy>>), che nel 2014 risultano un po’ triti e ritriti, nonostante qui la durezza sia parecchia e ben calibrata. Per carità, magari le ragioni sono tutte buone, soprattutto rispetto ad altri rapper provenienti da altre zone, però comunque per l’originalità del Rap di Ghetts e la linea stilistica generale scelta si potrebbe puntare molto oltre, a mio modesto parere. Alla fin fine non è una critica negativa, la necessità di comunicare certe cose si percepisce e quindi amen; preferisco dischi politically incorrect come questo, piuttosto che le valanghe di ipocrisie sinistroidi che da sempre affliggono la capitalistica musica. Attendevo semplicemente più bassline grezze, ma in sostanza non c’è dubbio che una delle ramificazioni del Grime potrebbe emergere qui.

Tracklist

Ghetts – Rebel With A Cause (Disrupt 2014)

  1. Intro
  2. Born + Raised
  3. Rudeboy
  4. Rebel
  5. Gas Mark 9 [Feat. Giggs]
  6. Buck-I
  7. Man Like Me [Feat. Rapid]
  8. Rags
  9. Ghetto No More [Feat. A.L.]
  10. What I’ve Done [Feat. Cameron Bloomfield]
  11. Times Change
  12. Fatherhood
  13. Broken Home
  14. Fire Burning [Feat. Kof]
  15. Pray
  16. These Words

Beatz

  • Rawz Artilla with the additional production by Lets Throw Shapes: 1
  • Astrixx with the additional production by Lets Throw Shapes: 2, 13, 14
  • The Confectionary with the additional production by Lets Throw Shapes: 3
  • Splurge Boys with the additional production by Lets Throw Shapes: 4, 5
  • Astrixx: 6
  • Rapid: 7, 9
  • Jason Moe aka Jaymoezart: 8
  • Scholar and Stix: 10
  • Nutty P with the additional production by Lets Throw Shapes: 11
  • Jason Moe aka Jaymoezart with the additional production by Lets Throw Shapes: 12
  • Lets Throw Shapes: 15
  • Chris Loco: 16
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DATA DI NASCITA 1° novembre 1987 PROFESSIONE vivere PASSIONI costanti tentativi di aumento del Q.I. personale PROGETTI PER IL FUTURO il futuro non esiste NELLO STAFF DAL novembre 2013

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