Dj Muggs and Meyhem Lauren – Gems From The Equinox

Voto: 4

Ragionare sulla lunga carriera discografica di Dj Muggs (spegnerà ben cinquanta candeline tra un paio di settimane!) conduce a un doppio binario il cui snodo principale potremmo collocarlo nel non entusiasmante “Till Death Do Us Part”, uscito nel duemilaquattro: tutto ciò che precede quest’ultimo (con la sola eccezione di “Dust”, ancora oggi un episodio a sé nel percorso del produttore) porta impresso il marchio inconfondibile dei Cypress Hill, termine di riferimento che associamo tanto alle compile “Soul Assassins” quanto alle collaborazioni con House Of Pain e Funkdoobiest; quel che gli ha fatto seguito, a partire dall’eccellente “Grandmasters”, ha invece in gran parte tratti propri, assimilabili solo nel meccanismo che ha visto Lawrence sempre al fianco di – anzi: vs – un mc differente (in sequenza GZA, Sick Jacken, Planet Asia e Ill Bill), fino appunto a “Gems From The Equinox” con Meyhem Lauren.

L’album viene pubblicato a sette anni di distanza da “Kill Devil Hills”, intervallo di tempo caratterizzato da poche apparizioni (segnalo quelle sui lavori dei Die Antwoord) e progetti di cui non si è chiacchierato molto (“Bass For Your Face” e la parentesi Trip Hop dei Cross My Heart Hope To Die), ma durante il quale Muggs ha avuto altresì modo di agganciare l’mc del Queens partecipando a “Piatto D’Oro” – e sul fronte copertina riconoscerete lo stesso Cristo incastonato di pietruzze che campeggia qui come sul medaglione di “Silk Pyramids”. Se l’intesa appare subito reciproca, a giovare maggiormente dell’altrui contributo è soprattutto Meyhem, cui viene affidata una cartella di beat a dir poco invitante; nonostante abbia attraversato gli anni novanta impilando successi e classici intramontabili, “Gems…” dimostra infatti l’assoluta freschezza delle strumentali firmate dal nostro Muggs, abilissimo a reinventarsi senza mai contraddire un tocco che riconosceremmo in mezzo a quello di numerosi (anche bravi) emulatori: le distorsioni di “Camel Crush”, gli archi ossessivi di “Shea Stadium”, il gioco di chitarra e synth di “151” e l’incedere aggressivo di “Murder Rap” danno al sound un timbro inequivocabile, amplificato dalle batterie sorde di “Aquatic Violence” (i più attenti riconosceranno il medesimo sample che hanno utilizzato Banana Spliff e Neuro Garage per “L’isola della morte”) e da un minimalismo compositivo che farà senz’altro gola in casa Griselda (“War Drums”).

Tolta “Street Religion”, che accostiamo troppo presto a “Two Dope Boyz” degli Outkast (campionano entrambe “Danger! She’s A Stranger” dei Five Stairsteps), si tratta di un intreccio musicale nero e denso come la pece, ambiente cromatico nel quale Laurenovich si destreggia senza difficoltà e i diversi riferimenti all’esoterismo – il titolo del disco cita un testo di Aleister Crowley, Dj Muggs si firma The Black Goat – trovano l’opportuna contropartita. Nulla, comunque, che catalizzi in via esclusiva l’impianto tematico, essendo “Gems From The Equinox” un’operazione tutt’altro che cervellotica: c’è una dose abbondante di street credibility (“Camel Crush”: <<we ain’t grow the same so we grew apart/my niggas getting money so my crew is smart>>), c’è quella mistura di spocchia e gangsterismo che non guasta mai (“Hashashin”: <<I’ll kill you with a block of ice and melt the evidence/you wasn’t shit, me doing that is like benevolence>>), ci sono i deliri assortiti in compagnia dell’amico Action Bronson (“Szechuan Peppercorns”) e c’è tanta, davvero tanta filosofia spicciola (“Redrum”: <<fuck these bitch niggas, some gotta die, it’s all basic/one shot’ll take a man out, it’s not wasted/niggas act crazy and niggas gotta go/shoot ‘em in the face, leaves ‘em six feet below>>).

La trama non è certo inedita, però si addice sia al rapper che a una gamma tecnica sprovvista di particolari finezze: rime in coppia al termine di ogni barra, wordplay nella media, flow pastoso e una discreta dotazione di punchline; pur non essendo un novello Big L, nei circa trentacinque minuti di durata Meyhem non sfigura affatto e, viceversa, tra i pregi di “Gems From The Equinox” segnaliamo proprio l’efficace amalgama che unisce liriche e beatmaking. Merito anche dei solidi featuring offerti da Roc Marciano (nei prossimi mesi dovrebbe dare alle stampe l’attesissimo “Kaos”, sempre con Dj Muggs), Bronsolino, Conway, Sean Price (R.I.P.), Benny The Butcher e B-Real.

Nel bilancio complessivo di un’annata discontinua e a tratti deludente, il duo è tra i pochi ricordi positivi che vale la pena conservare per il futuro: suggerisco di mettere mano al portafogli e farsi un ultimo regalo (posticipato) di Natale.

Tracklist

Dj Muggs and Meyhem Lauren – Gems From The Equinox (Soul Assassins Records 2017)

  1. Camel Crush
  2. Street Religion [Feat. Roc Marciano]
  3. Shea Stadium [Feat. Action Bronson]
  4. Hashashin [Feat. Conway The Machine]
  5. Aquatic Violence [Feat. Mr. Muthafuckin eXquire and Sean Price]
  6. 151
  7. War Drums [Feat. Hologram and Benny The Butcher]
  8. Szechuan Peppercorns [Feat. Action Bronson and Hologram]
  9. Redrum
  10. Murder Rap
  11. Tension [Feat. Action Bronson and B-Real]
  12. Champion Style (Bonus Track)
  13. Frozen Angels (Bonus Track)

Beatz

All tracks produced by Dj Muggs/The Black Goat