Common – One Day It’ll All Make Sense

Voto: 4

Common1997500Nella progressione che condusse Common dall’acerbo “Can I Borrow A Dollar?” fino a “Like Water For Chocolate”, il suo indiscusso capolavoro, è interessante notare come “Resurrection” avesse già in nuce molto di “One Day It’ll All Make Sense” e quest’ultimo anticipasse per diversi aspetti proprio “Like Water…”. E’ infatti alla terza prova solista che l’mc, oltre ad accorciare il suo nome per questioni legali sollevate dalla band Reggae californiana Common Sense, approda definitivamente al Rap conscious, indirizzando in maniera chiara una carriera che si muoveva ancora negli ambienti underground; al di là di un risultato commerciale per la prima volta significativo (oltre duecentocinquantamila copie vendute nell’anno d’uscita), “One Day…” consegna all’Hip-Hop un artista maturo e un progetto di grande qualità, supportato da nomi di peso come No I.D., Lauryn Hill, De La Soul, The Roots, Cee-Lo, Erykah Badu, Q-Tip, James Poyser e Karriem Riggins.

Se i Soulquarians si paleseranno solo in seguito, l’album ne è una sorta di preludio e un brano come “All Night Long” lo dimostra a scanso di ogni equivoco grazie alle precise traiettorie che intrecciano il caldo Soul della band di Philadelphia, la soffice voce della Badu – che culla letteralmente le liriche di Common – e le quattro strofe del rapper, il quale si muove al di fuori di un topic netto abbandonandosi a pensieri su Chicago, sesso femminile, religione e altro ancora; troppo semplice obiettare che a riconoscere il timbro del collettivo col senno di poi ci vuole poco, perciò chiarisco che, al netto di tutti i possibili paralleli, “One Day It’ll All Make Sense” possiede (ancora oggi) un profilo e un carattere abbastanza precisi, tali da consentirgli di non esaurire il suo elemento d’interesse nel confronto secco col suo eccellente seguito.

“Introspective”, non a caso posizionata in apertura, detta subito il mood confidenziale del disco – introspettivo, appunto – attraverso una rapida introduzione che affianca la stessa vita alla musica (<<I’ve been doing it for a while, it’s like my whole life has become a style>>), incipit da cui germineranno uno a uno gli episodi dotati di maggiore emotività: “Retrospect For Life” anzitutto, un’intensa (e autobiografica) riflessione sull’aborto che consente a Common di chiedere perdono sia al figlio mai nato (<<I’m sorry for takin’ your first breath, first step and first cry/but I wasn’t prepared mentally nor financially/havin’ a child shouldn’t have to bring out the man in me/plus I wanted you to be raised within a family>>) che alla sua partner (<<you had our child in you, I probably never feel what you felt/but you dealt with it like the strong black woman you are>>); “G.O.D.”, efficace dissertazione sulla possibilità di trovare Dio – o chi per Lui – attraverso la conoscenza, la consapevolezza e il rispetto (Cee-Lo: <<our ignorance is in the same breath as our innocence/subconciously, seeking to find an impressionable mind to convince/I’ve finally come to the realization why black people in the worse place/’cause it’s hard to correct yourself when you don’t know who you are in the first place>>); il più classico back in the days di “Reminding Me”.

Ma “One Day…” offre altresì vibrazioni differenti. E’ il caso di “Gettin’ Down At The Amphitheater”, gradita combinazione con Dave e Posdnuos su un beat che riprende “Gangbusters” di Dj Grand Wizard Theodore; del trittico “Stolen Moments”, curioso storytelling a proposito di un furto subito dal protagonista, spinto così alla ricerca del colpevole; di “1’2 Many…” (si parla di scarsi e fake, temi più vicini a “Can I Borrow A Dollar?”) e “Making A Name For Ourselves”, coriacea parentesi autocelebrativa assieme a un Canibus da standing ovation, su una batteria che picchia giù duro.

Qualcosa che non funziona, non mi è piaciuto, non è come dovrebbe essere? Minuzie; tolta qualche lungaggine di troppo (lo spoken word di “My City” posizionato lì nel centro), un paio di featuring sprecati per recitare delle introduzioni (Black Thought e Q-Tip), la scelta un po’ incomprensibile di intervallare il finale di “Stolen Moments” con “1’2 Many…” e un livello generale che, semplicemente, non ha lo smalto invulnerabile di “Like Water…” (né, senza nulla togliere a No I.D., i colpi di genio di Jay Dee), “One Day It’ll All Make Sense” non ha cedimenti gravi e regge i suoi diciott’anni tondi senza particolari smagliature. Pertanto mi auguro figuri nella vostra collezione e, se così non fosse, suggerisco di rimediare prontamente.

Tracklist

Common – One Day It’ll All Make Sense (Relativity Records 1997)

  1. Introspective
  2. Invocation
  3. Real N***a Quotes
  4. Retrospect For Life [Feat. Lauryn Hill]
  5. Gettin’ Down At The Amphitheater [Feat. De La Soul]
  6. Food For Funk
  7. G.O.D. (Gaining One’s Definition) [Feat. Cee-Lo]
  8. My City [Feat. Malik Yusef “The Wordsmith”]
  9. Hungry
  10. All Night Long [Feat. Erykah Badu]
  11. Stolen Moments Pt. I
  12. Stolen Moments Pt. II [Feat. Black Thought]
  13. 1’2 Many…
  14. Stolen Moments Pt. III [Feat. Q-Tip]
  15. Making A Name For Ourselves [Feat. Canibus]
  16. Reminding Me (Of Sef) [Feat. Chantay Savage]
  17. Pop’s Rap Part 2/Fatherhood [Feat. Lonnie “Pops” Lynn]

Beatz

  • No I.D.: 1, 2, 5, 6, 9, 11, 12, 14, 15
  • Dug Infinite: 3, 13
  • No I.D. and James Poyser with the additional production by Lauryn Hill: 4
  • No I.D. and Spike Rebel: 7
  • Spike Rebel: 8
  • The Roots: 10
  • Ynot: 16
  • Karriem “Mad Rhythm” Riggins: 18

Scratch

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