Chris Orrick – Portraits

Voto: 4/4,5

Nell’immaginario collettivo, consolidatosi anche grazie a fraintendimenti e luoghi comuni proliferati con la colpevole complicità dei diretti interessati, la figura del rapper viene spesso associata a un personaggio, uno stereotipo dalle fattezze (fisionomiche e non) così riassumibili: una biografia densa di trascorsi criminosi, un carattere grintoso, sprezzante, accentuato da una mimica facciale marcata e un’esteriorità minacciosa, solcata magari da cicatrici di diverso calibro, una sessualità rude, condita da maschilismo e omofobia, infine un’indole prevaricatrice e materialista. Nulla di meno calzante se pensiamo a Chris Orrick, fino allo scorso autunno noto come Red Pill, ragazzone di Detroit incline all’introspezione e all’auto-analisi, strumenti al servizio di una lotta condotta senza sosta contro depressione, negatività, scarsa stima di sé e attitudine al fallimento.

“Portraits” è il suo terzo album solista in poco più di tre anni (intervallati dal secondo progetto a firma Ugly Heroes), segnale che il percorso terapeutico avviato in “Look What This World Did To Us” abbia in calendario ancora qualche seduta; non che ci dispiaccia, ragionando in termini egoistici, considerati i benefici che ne ricava un’ispirazione artistica al momento priva di flessioni. L’mc prosegue infatti a inanellare prove di notevole qualità, distinguendosi al tempo stesso per l’ottima preparazione tecnica, la solida concretezza tematica che emerge in tutti i suoi lavori e un gusto musicale molto deciso, avvertibile sia nelle collaborazioni con un solo produttore (Ill Poetic in “Instinctive Drowning”) che quando ne affianca ben otto in dodici tracce. In aggiunta a ciò, Chris si fa portavoce di un’umanità vera, parla della propria esperienza e quindi della nostra, di impieghi che non soddisfano e classi sociali livellate verso il basso, di ruoli che soffocano e aspirazioni mai realizzate; ragion per cui non è difficile immedesimarsi – se non addirittura ritrovarsi – nelle riflessioni e nelle inquietudini che annota a penna sulle pagine del diario.

Ritratti, come da titolo, che esprimono anzitutto la difficile convivenza tra il protagonista e se stesso, disprezzato senza mezzi termini nell’introduttiva “Self-Portrait” (<<I hate the way your brain makes you feel/it’s a shame you’re convinced that the pain isn’t real/I hate the way you mask it with the drug/hate your body, hate your mind, all it’s asking for is love>>) e messo di fronte ai propri insuccessi nella conclusiva “What Happens Next?”, che però ribalta l’angolo d’osservazione e incassa il possibile giudizio altrui (<<I heard he’s almost thirty and still workin’ for his dad ‘cause the music isn’t working/he said he’s got a record deal, label out of Tuscon/but the story’s kinda murky, wanna believe him but something’s weird/he hasn’t been on tour for a couple years>>). Entrambe le strumentali, tra l’altro, vengono firmate da un Nolan The Ninja in stato di grazia, chirurgico nel taglio secco di cassa e rullante come nella scelta efficace dei sample.

Si rimane nell’ambito della sfera personale e in prossimità di un malessere interiore contro il quale è difficile combattere nel Blues di “Design Flaw” (<<I’m inclined to the wine and I pine for a time/when my crime was the name on the spine/…/has it defined and I’m trying to be fine/but I’m not, my design is a flaw>>) e in “Anywhere Instead” (<<most days I can’t get out of bed before it’s noon/don’t wanna leave my room, lookin’ at my phone/knockin’ on the door, pretend nobody’s home/layin’ in my bed, wishin’ I was dead>>), ambedue cotte a puntino dal compagno di crew L’Orange, che spadella pianoforti e linee vocali con l’abituale maestria. Né potevano mancare le parole sincere di “Lazy Buddies” su una relazione che finalmente lascia affiorare qualche raggio di luce (<<met you when I was twelve, met you long before the two of us could know ourselves/met you long before I knew what love is and how that felt/and now I’ll love you till I say farewell>>) e quelle commosse e dolenti di “Mom” (<<keep you alive in these words that I wrote/’cause you’ll never meet your grandkids and never see your kids married/I guess that’s the part that hurts me the most/it isn’t what you missed before, but what could have been/what’s to come and what should have been/and every year I miss you more>>).

Lo sguardo si allarga a episodi quotidiani che non hanno niente di spettacolare (“Stories”, sopra un beat delizioso di Bruce Wain) e al clima politico in “Bottom Feeders” (<<they acting like they got the world on their shoulders/looking at us like we’re earners or soldiers/…/feet to the fire, so the fire can burn/the water’s dirty, we fight fire with fire returned, c’mon>>) e “Jealous Of The Sun” (la seconda strofa fa esplicito riferimento a Trump), esortando l’ascoltatore a individuare il proprio ruolo nel mondo in completa libertà (“The Rubric”). Messaggi che non necessitano di spiegazioni approfondite e delimitano il perimetro di un’operazione che spende i suoi trentotto minuti con intelligenza, ribadendo il primato del contenuto in un disco comunque impeccabile dal punto di vista della forma.

Anche perché ciascuna collaborazione alle macchine e al microfono si dimostra all’altezza del padrone di casa, divenuto nel frattempo il fiore all’occhiello del roster Mello Music – e pazienza se il physique du rôle continua a mancargli. Nient’altro da aggiungere, salvo consigliarvi l’acquisto a scatola chiusa: sono soldi ben spesi.

Tracklist

Chris Orrick – Portraits (Mello Music Group 2018)

  1. Self-Portrait
  2. Stories
  3. Design Flaw
  4. The Rubric [Feat. Verbal Kent]
  5. Lazy Buddies
  6. Escape Plan
  7. Anywhere Instead
  8. Bottom Feeders [Feat. Fashawn]
  9. Barfly
  10. Jealous Of The Sun
  11. Mom
  12. What Happens Next?

Beatz

  • Nolan The Ninja: 1, 11, 12
  • Bruce Wain: 2
  • L’Orange: 3, 7
  • Calvin Valentine: 4
  • Apollo Brown: 5
  • Samarei: 6
  • Exile: 8
  • Onra: 9, 10