Buckshot & P-Money – BackPack Travels

Voto: 3,5

BuckshotPMoney2014500Le tendenze evidenziate da Buckshot nelle pubblicazioni dei tempi più recenti tracciano un percorso ben chiaro, volto alla collaborazione a quattro mani. La presenza di una seconda figura fissa non si limita all’aver condiviso il microfono con KRS-One nel duemilanove, annata forgiata da un prolifico numero di duetti improvvisati tra veterani (non sempre di qualità, tuttavia…), in quanto ripercorrendone la carriera a breve termine figurano ben tre album prodotti interamente da 9th Wonder, delineando un preciso concept realizzativo.

Ed è l’ennesima percorrenza del medesimo selciato che fa nascere i presupposti per questa nuova avventura del leader dei Black Moon, dove a cambiare è solo la figura del produttore. Il nuovo partner scelto per l’occasione è P-Money, ragazzo proveniente dalla Nuova Zelanda che ha riscosso un notevole successo in patria facendosi le ossa nelle competizioni riservate ai deejay e firmatario nel duemilatredici di un producer album di tutto rispetto come “Gratitude” (presenti, oltre a Buckshot stesso, Roc Marciano, Skyzoo, Havoc e molti altri) arrivato a seguito della firma di un contratto con la Duck Down e al conseguente trasferimento a New York. Spiegato il perché di “BackPack Travels” e passando all’analisi del risultato ottenuto, è innegabile che l’obiettivo di proporre un disco di discreta qualità sia stato raggiunto: le ispirazioni sonore bilanciano bene il chiaroscuro prendendo spunto in egual misura dallarozzaggine tipica dei suoni newyorkesi di un tempo e dalla pulizia dei campioni melodici più volti al moderno, un suono che si rivela nella maggior parte dei casi ideale da cavalcare per la voce inconfondibile e vellutata di Buckshot e per il suo stile completamente privo di fronzoli.

Quello parlato qui è difatti lo stesso linguaggio di strada di sempre, non ci sono esercizi lirici di chissà quale complessità o doppi sensi intricati, ma solo tanta sostanza e un approccio molto diretto. Ciò che abbiamo appena detto va peraltro inteso in senso positivo e non quale limite, perché anche nella semplicità si può riuscire ad incidere se si è in possesso del talento necessario. Tale concetto Buckshot riesce a dimostrarlo pienamente in episodi differenti, specie nella prima metà dell’album, dove presenziano i pezzi senza dubbio più interessanti. “Flute” non colpisce solo per il beat confezionato su un sample molto carino – di flauto, per l’appunto – o per la presenza dell’astro nascente Joey Bada$$ e del suo esoterismo, perché è proprio il protagonista principale a portarsi via la scena facendo ripensare più e più volte alla sua strofa anche quando la traccia se n’è già andata avanti: passi come <<Run-DMC and Shell-Top Adidas/both on fire I couldn’t afford neither>> o <<Well, Mom’s had a hell of a way/and Po’s up in heaven today/my combination/made me sell conversation/couldn’t sell crack, no time for wastin’>> sono particolarmente apprezzabili nel loro sintetizzare una serie di concetti importanti per chi li ha scritti, creando un’ideale fusione tra la malinconia di certi pensieri e quella insita nel sottofondo musicale scelto.

“Sweetest Thing”, che presenta pure un bel featuring cantato/rappato di T’Nah Apex, aiuta ad avvalorare la tesi di cui sopra fornendo un’osservazione soggettiva della parte meno frequentabile di Brooklyn, presentata assieme ai palazzoni e ai personaggi poco raccomandabili che vi gravitano attorno con semplici ma efficaci metafore, facendo per un attimo ritorno a quel tono vocale basso di un tempo che tanto bene si accoppia alla musicalità del sample scelto. Nonostante a livello testuale non rappresenti nulla di nuovo, essendo l’ennesimo simbolico attacco ai fake rappers con la minigonna, lo spessore della composizione di “Just Begun” – musicalmente la miglior traccia presente – è tale da impreziosire un testo neanche troppo eccelso, ma che ha comunque l’effetto di catturare e di farsi seguire sino al termine della sua combinazione tra Buckshot e Raz Fresco. Di similare estrazione risulta “We In Here”, inno all’indipendenza e all’integrità artistica, altro tema piuttosto ricorrente ma head nodder nel quale è apprezzabile lo scambio di strofe con David Dallas, molto preciso e ordinato in dizione e tenuta del tempo, mentre “Killuminati”, già edita su “Gratitude” ma comunque ottima, vira altrove ed offre critiche aspre e molto dirette all’associazione tra Hip-Hop e teorie cospirazionali, con P-Money a calare un altro piccolo asso grazie al taglio di archi che saporano di Funk anni settanta.

Nel suo scorrere via velocemente e nel suo prestarsi a numerosi ascolti, “BackPack Travels” propone una quantità minima di materiale non all’altezza dei momenti migliori, un problema che su un lavoro di una trentina di minuti pesa più che altrove. E’ francamente incomprensibile la decisione di porre in sequenza due pezzi il cui suono principale è una noiosa sirena (“Clear Light”, tra l’altro, presenta pure un mediocre featuring di Chelsea Reject, il cui flow è totalmente sconnesso dal beat), ed è un po’ deludente il fatto di trovarsi dinnanzi a un riempitivo come “The Choice”, un beat molto superficiale se commisurato alle comprovate capacità inventive del beatmaker. Fortunatamente, sono momenti d’incaglio non troppo fastidiosi, che non minano la solidità complessiva di un disco nel quale P-Money dimostra la sua versatilità (in passato ha prodotto anche dischi Dance e R’n’B, qui prova invece di saper suonare grezzo), fornendo un più che adeguato tappeto musicale a un Buckshot ancora capace di sorprendere positivamente.

Buckshot & P-Money – BackPack Travels (Dirty Records/Dawn Raid Records/Duck Down Music 2014)

  1. Crown Intro
  2. Just Begun [Feat. Raz Fresco]
  3. Flute [Feat. Joey Bada$$ and CJ Fly]
  4. Sweetest Thing [Feat. T’Nah Apex]
  5. Clear Light [Feat. Chelsea Reject]
  6. Red Alert
  7. We In Here [Feat. David Dallas]
  8. Killuminati
  9. The Choice
  10. This Is My World [Feat. Steele]

Beatz

All tracks produced by P-Money

Scratch

All scratches by P-Money

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