Armata del Tronto – Armata del Tronto

Nel corso di un recente scambio di vedute sull’Hip-Hop italiano con l’esimio collega Lord 216 è emerso un sentire comune così sintetizzabile: il Rap coi contenuti (o presunti tali) ha rotto il cazzo – concetto che, me ne rendo conto, necessita di opportuni chiarimenti. Diciamo che di seghe mentali da Smemoranda delle superiori (cito lui), emozioni accentuate oltre ogni soglia di tolleranza e improvvide pretese di (cant)autorialità ne abbiamo piene le cosiddette, a maggior ragione se l’assunto di fondo è che la dignità di questa disciplina discenda dal tipo di messaggio veicolato. Punto di vista ottuso, presuntuoso e che avversiamo in toto; perché il Rap, se fatto come si deve, ha valore di per sé e perché la cronistoria di questa Cultura, nella sua dimensione musicale, ha dimostrato spesso l’esatto contrario – altrimenti, cari signori, quanti gioielli dell’Hip-Hop statunitense avremmo dovuto riporre sullo scaffale per il tono non esattamente alto delle liriche?

Si tratta, al netto dell’ovvia provocazione, di un discorso molto complicato, che si presta a fraintendimenti e inutili faziosità; dal canto mio, mi limito quindi a spezzare una lancia in favore di quei progetti il cui approccio è oramai in controtendenza rispetto a una scena che insegue biografismi e ostentazioni, trovando nella semplicità, nell’immediatezza e nella chiarezza delle proprie posizioni una valida alternativa alle prescrizioni di un mercato che vorrebbe l’Hip-Hop alla portata di un pubblico generalista, ovvero spersonalizzato di tutti i suoi spigoli. E’ il caso di “Armata del Tronto”, esordio eponimo del gruppo di Ascoli Piceno composto da Anter, Ase, Siero, Sputo (gli mc’s) e TalcBeats (il beatmaker), realtà nata sulle solide basi di una passione condivisa e consolidatasi attraverso la reciproca collaborazione, temi mediani di un album che non ha paura di parlare di Rap (deliziosa, a questo proposito, la sillabazione di “Ap gangbang remake”: <<io che prima d’iniziare a parlare ho imparato l’a-b-c/tu che prima d’imparare a rappare hai provato gli abiti>>), ma lo fa senza indulgere in nostalgie, collocandosi con convinzione nel tempo presente.

<<Cinque stili e cinque modi per mandarti a fare in culo>> (“Ap. finest”); un po’ come dire che l’unione fa la forza, tanto più quando la somma delle parti non appiattisce le diverse individualità che la compongono. Equilibrio raggiunto dall’ADT attraverso una prova che dà contemporaneamente respiro alle singole prestazioni del quartetto e all’estro del loro produttore, rendendo l’ascolto ripetibile a prescindere dal canovaccio abbastanza lineare. Qualità riscontrabile nei piccoli dettagli e nelle soluzioni meno scontate dei trentasei minuti di durata: ad esempio nel riuscito abbinamento di una strumentale differente per ciascuna strofa di “Mezze verità”, passando con disinvoltura da sample ipnotici a synth Trap, o nella struttura dispari di “Non ci fai pena”, nella quale ogni rapper chiude la quartina precedente e sgancia tre barre – fino all’ultimo del giro che ne ha solo una.

La scuola marchigiana – qualche vaga analogia coi corregionali Banana Spliff e Kmaiuscola c’è – riluce altresì nella solida anthemUna parola, una promessa” (inserimento obbligato nel nostro mixtape di fine anno), brano di punta che arruola Dj Shocca per l’unico contributo esterno alle macchine e attizza quanto basta le braci della polemica (<<che voi c’abbiate seguito io non lo so, ne dubito/tanto qui parla chiunque abbia attivo un profilo pubblico/da noi si mastica, zero suoni di plastica/fanculo, questo non è un album, è una rinascita>>). Mood bellicoso che persiste in “Lirico ultimatum”, zeppa di riferimenti a varchi spaziali e invasioni aliene (<<solo un mondo a parte, veniamo da altre galassie/forma di vita evoluta venuta tramite beat e casse>>), e l’incalzante “Armata cypher”, evocativa del più classico confronto in freestyle. Infine, non per ordine d’importanza, segnalo il criptico flusso di coscienza di “Cinque punte” e il timbro meno teso di “Benvenuti nel club”, la cui ironia completa un menù invitante, genuino, caratterizzato da una coralità (i quattro liricisti partecipano a tutte le tracce, intro, outro e skit esclusi) che è certamente tra i punti di forza del collettivo.

Uscito lo scorso ottobre, “Armata del Tronto” è un disco che portiamo volentieri nel 2019, trasversale al solito paradigma tradizionale/moderno e tuttavia ben incastonato nel perimetro dell’Hip-Hop; quello <<senza additivi né aggiunta di merda>>.

Tracklist

Armata del Tronto – Armata del Tronto (Costa Klan Production 2018)

  1. 0736 (intro)
  2. Ap. finest
  3. Lirico ultimatum
  4. Mezze verità
  5. Una parola, una promessa
  6. La ragione (skit)
  7. Cinque punte
  8. Armata cypher
  9. Benvenuti nel club
  10. Non ci fai pena
  11. Ap gangbang remake
  12. 63100 (outro)

Beatz

Tutte le produzioni di TalcBeats tranne la traccia #5 di Dj Shocca aka Roc Beats

Scratch

  • Dj T-Robb: 1
  • Dj Shocca aka Roc Beats: 5, 12